I brasiliani hanno impiegato diciotto anni per pubblicare il loro primo album e hanno cambiato cantante poco dopo le registrazioni quindi le prospettive di carriera non sono proprio solari ma ‘The One’ risponde a tutte le caratteristiche richieste ad una formazione underground metal che desidera emergere nella melma delle uscite di oggi. É prodotto bene, trasmette entusiasmo e passione, può contare su un songwriting non certo originale ma solido e compatto ed infine denota un’attitudine live spiccata. Su Metal Archives gli Hammathaz vengono definiti a metà tra il metalcore ed il death metal melodico. Sarà ma quando ho lanciato ‘The One’ ho pensato subito a gruppi come gli Slapdash o gli Skinlab ovvero gruppi che hanno costruito la loro scarsa fama su un groove thrash di sostanza. Il guitar work di Thales Stat e Rodrigo Marietto si ispira in maniera palese a quel periodo e anche la sezione ritmica è piuttosto nostalgica. Di sicuro i suoni sono molto anni novanta e, dopo gli EP ‘Crawling’ e ‘Inner Walls’, i paulisti hanno saputo tirare fuori nove pezzi di grande impatto. ‘Farewell’ e ‘New Blood’ i due apici di una scaletta che dovrebbe per lo meno incuriosirvi.