I Mystery Jets sono oramai una realtà ben consolidata del rock indipendente britannico. Vengono da Londra e sono giunti al sesto disco della propria carriera, ‘A Billion Heartbits’, che suona inglese in tutte le sue componenti. Appare chiaro come, quando ci si trova dinnanzi ad una band che proviene dalla terra D’Albione, si capisca quasi immediatamente che essa ha dalle caratteristiche sonore diverse da chi arriva da New York o Los Angeles. I Mystery Jets non rinnegano le proprie origini, come è facile ascoltare proprio nella title track che è molto trascinante e ritmica. In ‘Endless City’, più atmosferica e riflessiva, spunta qualche riferimento vocale che fa ritornare alla mente il cantato di Liam Gallagher che, vuoi o non vuoi, ha influenzato caterve di musicisti inglesi. L’arpeggio di ‘Hospital Radio’, a cui fa da seguito una magnifica linea di basso, porta la band a fare il verso agli ultimi Supergrass di Road To Rouen grazie ad una melodia di primissimo ordine, mentre l’iniziale ‘Screwdriver’ ci pone dinnanzi dei musicisti che sanno anche usare i muscoli con un pezzo che sarebbe perfetto per aprire i propri concerti. L’indie, genere con cui vengono catalogati nella loro madre patria, ha una valenza diversa nel suo significato rispetto all’Italia ed una canzone come ‘Cenotaph’ ne è la chiara manifestazione, con una dose di malinconia ben impressa nel sound della chitarra. Non manca anche l’aspetto cantautorale come dimostra l’acustica ‘Campfire Song’ che ha nei cori in stile Def Leppard uno dei suoi aspetti migliori. Il disco si chiude con la buona ‘Watching Yourself Slowly Disappear’ e la finale ‘Wrong Side Of The Tracks’ che ha un’impostazione che riporta indietro la mente ai tempi in cui i Mansun davano alla luce dischi di assoluta qualità. Alla fine dei conti, per chi ama l’Inghilterra ed un certo tipo di sound che aveva invaso il mondo verso la fine degli anni 90, ‘A Billion Heartbits’ è un disco che può essere tranquillamente presente nella propria collezione.