Il corpo statuario dell’artista originario di San Bernardino, ritratto alla perfezione da Alexander Black nelle foto promozionali di questo disco, trasmette un senso di onnipotenza, di grandezza che va oltre il sesso, qualche buon singolo come ‘Cut Me’ (nel video sembra a metà esatta tra Frank Ocean e Prince) o la musica stessa. Il seguito di ‘Aromanticism’ è un doppio album che parla del suo ritorno a Asheville e del suo impellente desiderio di misurare il proprio songwriting con arrangiatori di diversa estrazione. La base di buona parte di queste canzoni è stata scritta con Ian Change, batterista dei Son Lux, e Ben Baptie, produttore tra gli altri di Grace Lightman. Una volta realizzata la struttura del disco, l’ibrido tra indie rock, alt pop e electro soul di ‘grae’ ha visto il coinvolgimento di musicisti e produttori di fama internazionale come James Blake, John Congleton, Matthew Otto, Ezra Miller, Daniel Lopatin e Jamie Stewart. L’elenco è lunghissimo ma ciò che è conta è quanto sia sorprendente il risultato finale. A rendere interessante l’opera sono soprattutto l’autenticità dello stile di Moses Sumney e la spontaneità del suo cantato, a dispetto delle molteplici tecniche e di tutti i colori utilizzati per filtrarlo. L’universo del debutto è stato così espanso, regalando una dimensione live ancora più concreta alle tracce e rendendo imprevedibile il futuro.