Tra i migliori gruppi esordienti di questa prima parte di 2024 vanno sicuramente inseriti gli americani Thrower. Il quartetto a stelle e strisce, i cui componenti provengono da varie parti degli Stati Uniti, ci propone una mistura di alternative/post/grunge, per nulla innovativo, ma pregno, comunque, di ottime canzoni che si fanno ascoltare con molto piacere. Probabilmente, in un’epoca di revival continuo, non potevano mancare musicisti che guardano al passato più roseo degli anni novanta (Seattle) andandoci a ficcare elementi che sono, poi, stati tipici di band successive come Creed o Staind. Proprio dai primi i nostri riprendono una certa timbrica vocale che ricorda molto da vicino quella di Mark Tremonti che, con il passare degli anni, si è rivelato anche un ottimo cantante. Sul fronte delle canzoni si passa dai mid tempo di “Dusted” alle ballate tipicamente acustiche come l’intima “Light The Way”. Le atmosfere sono sempre abbastanza cupe e le chitarre ribassate giocano un ruolo fondamentale. Si avverte malessere (finto o vero non lo sapremo mai) in pezzi dal grande appeal radiofonico come “Undertow” e “Don’t Fear The Reaper” che sanno di canzoni di qualità. Probabilmente l’unica pecca è non avere la botta che ti scuote al meglio. Spieghiamoci bene: in questo lavoro ci sono brani cattivi e tosti, ma mai granitici, tali da poter spostare le lancette dell’orologio verso qualcosa di più potente. Quello che rimane, invece, è il grandissimo senso melodico che attraversa un album che sembra fatto apposta per le radio e le televisioni rock. Probabilmente in Italia “Blink” passerà sotto traccia, ma dall’altra parte dell’Oceano non dovrebbe faticare a conquistare il cuore di nostalgici e amanti di quelle sonorità sopra descritte che, fortunatamente, non vogliono sapere di essere messe in soffitta e sepolte sotto un cumulo di polvere.