-Core
Panther
Pain Of Salvation
Century Media
Pubblicato il 20/08/2020 da Francesco Brunale
Songs
01. Accelerator
02. Unfuture
03. Restless Boy
04. Wait
05. Keen To A Fault
06. Fur
07. Panther
08. Species
09. Icon
Songs
01. Accelerator
02. Unfuture
03. Restless Boy
04. Wait
05. Keen To A Fault
06. Fur
07. Panther
08. Species
09. Icon

Possiamo affermarlo senza problemi: gli svedesi Pain Of Salvation, giunti al tredicesimo lavoro della propria ottima carriera (compresi live ed ep vari), hanno fatto decisamente centro. Il loro ultimo disco, in uscita per la Inside Out, è davvero un capolavoro come non se ne ascoltavano da tempo, in quanto non catalogabile, non definibile e non legato a schemi preconfezionati che tanto sembrano piacere alle band moderne. Le nove composizioni che definiscono questo grandissimo album sono eterogenee ed ognuna diversa dall’altra, così da rendere “Panther” semplicemente una piccola opera d’arte, in cui la melodia, la malinconia e le sonorità grigie ed ossianiche trovano conforto in un insieme difficilmente riscontrabile altrove. Partiamo dall’iniziale “Accelerator” che sembra andare incontro a certe sonorità sinfoniche che costituiranno semplicemente un unicum all’interno di questo disco. “Wait”, invece, è un brano molto autunnale, in cui il suono del piano, unito ad un uso “borghese” e quasi distaccato dell’elettronica, rimanda senza neanche troppi giri di parola ai migliori Anathema. “Unfuture” sembra partire come un blues malato e strampalato, ma sorprende subito dopo, grazie ad un attacco duro e perentorio a cui si lega un ritmo lento che riprende l’uso della chitarra slide trovata ad inizio brano. Daniel Gildenlow canta in modo egregio, barcollando tra i Paradise Lost (periodo fine anni novanta) ed i Mansun. “Restless Boy” naviga tra l’elettronica ed i mood anni ottanta, mentre “Keen To A Fault” è un pezzo semiacustico in cui gli incredibili controtempi messi in atto dal batterista Leo Margarit e le tastiere alla Keith Emerson la fanno da padroni. Se “Fur” è un intermezzo acustico molto particolare che ci può tranquillamente stare in un’opera del genere, la title track stupisce per il cantato quasi rappato e per delle atmosfere radio oriented che non possono non ricordare i primi Linkin Park di Mike Shinoda e del compianto Chester Bennington. Più sorprendente di così davvero non si può chiedere ad una band in totale fiducia e completamente ispirata come mai, probabilmente, gli era capitato in precedenza. “Species”, di contro, riporta tutti sugli attenti, perché è una canzone rock nel senso più puro del termine e che ha tutti i crismi del caso. Melodica, suonata alla perfezione, acustica e greve allo stesso tempo, oltre ad avere una cadenza alla Black Sabbath nella sua seconda parte. La sublimazione dell’arte è molto vicina ed è rafforzata dalla lunghissima ed ipnotica “Icon” che mette la ceralacca sulla grandezza dei Pain Of Salvation che hanno piazzato in questo 2020 uno dei lavori più originali e completi che si possano ricordare. Fare meglio di loro, in qualsiasi ambito si voglia leggere questo “Panther”, sarà molto complicato. Di certo il buon vino, con il passare degli anni, tende a migliorare e la band scandinava ce lo ha voluto ricordare in maniera molto chiara e precisa.

 

Pain Of Salvation
From Svezia

Discography
1997 Entropia
1998 One Hour by the Concrete Lake
2000 The Perfect Element, Part I
2002 Remedy Lane
2004 BE
2007 Scarsick
2010 Road Salt One
2011 Road Salt Two
2014 Falling Home
2017 In the Passing Light of Day
2020 Panther