-Core
Fabrizio Paterlini
Italia
Pubblicato il 18/11/2023 da Lorenzo Becciani

Il concept di ‘Riverscape’ è legato allo scorrere di un fiume. Vorrei capire, dal punto di vista compositivo, come sei riuscito a ricreare il suono dell’acqua che scorre. 
L’aspetto più interessante del progetto, quando mi è stato proposto dalla fotografa olandese Kristel Schneider, è che lei aveva preso ispirazione dal fiume francese Allier, non sapendo che abitassi a pochi km dal Po. Da ragazzo specialmente, ma ancora adesso con la mia famiglia, ho vissuto in maniera molto forte il Po e quindi non mi sono ispirato ad un fiume di montagna ma ad un fiume apparentemente calmo e delicato nel suo scorrere, per quanto estremamente pericoloso. Ho cercato di conseguenza di trovare dei suoni che riflettessero quella calma e quella lentezza. Non sono un virtuoso e comunque non avrebbe avuto senso usare cascate di note. Per descrivere un ambiente tanto variegato non poteva bastarmi però il pianoforte e così ho aggiunto elementi che hanno contribuito a rendere più stimolante la scrittura.

Hai usato dei synth particolari per registrare l’album?
Se non ricordo male, per i bassi ho usato sempre Moog ed avevo sicuramente con me un Korg Mono/Poly, un Moog Sirin e un Prophet 6. Poi una drum machine e qualche plugin come il Celeste che amo molto e mi è servito per quei campanelli che trovi in alcune tracce. È un software che genera sequenze randomiche di note e quindi ogni soluzione che provi è unica. Un po’ come l’acqua che varia continuamente nella sua composizione. A livello di arrangiamenti ho cercato di dare colore a ciò che avevo composto al pianoforte. Non stravolgo mai il materiale perché amo l’idea di trasmettere quella che è stata la scintilla che ha creato il brano. É una scelta artistica precisa quella di andare al nucleo dell’ispirazione e magari non elaborare delle tracce registrate in presa diretta che, se avessi operato al contrario, sarebbero potute diventare più lunghe e elaborate. 

Il pianoforte è uno strumento percussivo. Che rapporto hai con l’elettronica e con i beat che di fatto aggiungo altre percussioni al contesto generale?
Mi piace moltissimo e il mio studio è pieno di sintetizzatori, con cui mi diverto spesso a sperimentare. Sono e rimango un pianista però e quello è l’ambiente in cui mi trovo più a mio agio. L’elettronica è il colore con cui scelgo di dipingere un brano. Quando ho iniziato si cominciava a parlare di neoclassica e quello che si cercava di descrivere con quel termine era molto differente da quello che si intende adesso.  Non nego che nei primi anni di carriera mi sono ispirato a Ludovico Einaudi. Ora invece la forza della neoclassica sta nella sua modernità. L’ispirazione è sempre classica ma con poche sequenze di note si riesce a trasmettere grandi emozioni e rendere le atmosfere cinematiche. Ha un’anima pop, sebbene non sia commerciale. Arriva a tutti, a diverse tipologie di ascoltatori, da quelli più ricercati a quelli occasionali. Ti porta a fare un viaggio, a perderti nei tuoi pensieri ed a volte fa stare meglio. La componente emotiva è fortissima ed anche io mi perdo quando ascolto Max Richter. Un altro grande artista è Ólafur Arnalds, sebbene sia ancora molto giovane. Mi piace il fatto che non lasci a nessuno il controllo delle sue produzioni. Lui e Nils Frahm hanno permesso al genere di diffondersi e nell’ultimo periodo si è rafforzata la tendenza di comporre con melodie e armonie semplici e senza filtri.

Sei legato anche a qualche altro artista italiano di neoclassica?
Quello a cui sono più legato è Bruno Bavota, con cui ho collaborato per un omaggio all’opera di Jóhann Jóhannsson, che si è tenuto a Terracina. Poi, come saprai, ho un’etichetta, la Memory Recordings, con cui pubblico alcuni artisti italiani che ritengo meritevoli. Una di queste è Olivia Belli. É molto brava e attualmente sta suonando per Sony Classica. Un altro che stimo molto è Francesco Nigri. In generale cerco di farmi trovare aperto perché credo sia importante avere una scena in Italia. 

La tua carriera è iniziata oltre quindici anni fa. In cosa ‘Riverscape’ si differenzia dagli altri album che hai pubblicato?
I primi lavori erano influenzati dalla musica Einaudi. A partire da ‘Now’ , l’elettronica ha cominciato ad avere un ruolo importante in termini compositivi e mi sono staccato dal percorso iniziale. Sono andato sempre più all’essenzialità della mia musica e poi è arrivato ‘Life’, un altro album molto sperimentale. ‘Riverscape’ è un disco che riassume tutto, con un’impronta cinematica importante e brani che portano la mia cifra stilistica. Ho cercato di pubblicare un album che mi rappresentasse al massimo e che allo stesso tempo segnasse un’ulteriore evoluzione. Come singoli ho scelto ‘Be In The Moment’ e poi ‘Discoveries’ perché in Italia mi conoscono soprattutto come pianista e non volevo disorientare il mio pubblico. Al contrario ‘Droning Down The River’ e ‘Isolated’ vedono il pianoforte messo in disparte e questa è una sfida che volevo lanciare. Non so dove mi porterà questo processo.

Come sono le tue giornate?
Mi alzo molto presto per portare i figli a scuola.  Il resto della mattina lo dedico alla musica e lo passo nel mio studio personale. Non compongo solamente, ma mi occupo di tutti gli aspetti che riguardano la mia carriera di musicista oppure che concernono l’etichetta. Due dei miei figli fanno calcio e l’altro fa teatro quindi il pomeriggio è spesso dedicato a loro. Stanno crescendo e quindi di anno in anno ho sempre uno spazio maggiore per il mio lavoro. In ogni caso non mi lamento, vivo in campagna e ho trovato un buon equilibrio. 

Fabrizio Paterlini
From Italia

Discography
2007 – Viaggi in Aeromobile
2009 – Viandanze
2010 – Fragments Found
2012 – Autumn Stories
2013 – Now
2014 – The Art of the Piano
2015 – Live in Bratislava
2016 – Music from Autumn Stories
2017 – Secret Book
2018 – Winter Stories
2023 - Riverscape