Hildur Ingveldardóttir Guðnadóttir è una violoncellista e compositrice islandese, anche se ormai vive a Berlino da una decina d’anni, che ha legato il suo nome alle collaborazioni con Pan Sonic, Ben Frost, múm e Sunn O))) oltre che alle colonne sonore di film come Maria Maddalena di Garth Davis e Joker di Todd Philips, recentemente premiato con il Leone d’Oro a Venezia. Il suo capolavoro, peraltro riflesso di esperienze soliste come ‘Saman’ (da cui è stata ripresa ‘Líður’) e ‘Leyfdu Ljósinu’, è però questa soundtrack che ha contribuito al successo della serie televisiva sul tragico disastro nucleare del ‘86. Se esiste un suono della radioattività, la Guðnadóttir è riuscita a mostrarlo in tutta la sua più cupa concretezza (‘Bridge Of Death’ e ‘Corridors’). A partire da ‘The Door’, loop di synth e archi tratteggiano un’atmosfera spettrale che non ha bisogno di immagini per spaventare. ‘Turbine Hall’, ‘Waiting For The Engineer’ e la conclusiva ‘Evacuation’, una sorta di lunga e deprimente outro, sono le tracce più claustrofobiche e significative. Quando poi partono le voci del The Homin Lviv Municipal Choir l’apocalisse appare veramente dietro l’angolo (‘Vichnaya Pamyat’). Per quanto mi riguarda, l’impatto è stato dilaniante come quando mi sono imbattuto in Dunkirk di Hans Zimmer.