Un album assolutamente micidiale, oscuro e subdolo sia dal punto di vista lirico che da quello musicale. Così i pionieri del metalcore moderno si riabbattono sul mercato discografico cancellando di fatto la puerile concorrenza e manifestando una freschezza compositiva che qualcuno aveva cominciato a mettere in discussione. Il primo responsabile è sempre Jamey Jasta che prosegue il suo attivismo mediatico e porta alta la bandiera dei valori regalando a 'The Concrete Confessional' alcuni dei testi più incisivi e marci della sua carriera. Liriche che lasciano il segno e fanno pensare costringendo a riascoltare ciascun pezzo all'infinito. Anche vocalmente il frontman è migliorato non poco e pur non essendo certo un maestro di tecnica si dimostra abile a non lasciare trasparire nessuna differenza sostanziale tra i pezzi più heavy metal e quelli legati agli albori dell'hardcore. Al suo fianco troviamo una coppia di asce da brividi con Wayne Lozinak che si è ritagliato più spazio rispetto ai precedenti lavori in studio e Frank “3 Gun” Novinec che invece si preoccupa molto di più di legarsi con la sezione ritmica. Anche in questo caso Chris Beattie e Matt Byrne si sono superati in tutti i sensi ma la grandezza di 'The Concrete Confessional' risiede più che altro nella spontaneità con cui arriva al cuore dei problemi, nel cinismo con cui li sbatte in faccia all'ascoltatore e cerca di farlo reagire da una situazione di sottomissione e disagio, nell'impeto con cui si presenta senza mai risultare banale. 'Something Off' e 'Walking The Knife' potrebbero uscire dalle sessioni di registrazione di 'Satisfaction Is The Death Of Desire' ma la formazione originaria del Connecticut non si è limitata a guardare al passato. Al contrario ha pubblicato una manciata di canzoni che battono quelle di 'Supremacy' in immediatezza e offrono momenti di puro delirio elettrico. 'A.D.' è la classica opener chiamata a ricordare chi sono gli Hatebreed e quanto fanno male dal vivo. Il riff ricorda gli Slayer e non è certo l'unico a muoversi in ambito thrash. La stessa copertina realizzata da Marcelo Vasco ricorda alcune opere di Overkill e Exodus. Chris “Zeuss” Harris (Kingdom Of Sorrow, Rob Zombie) è stato bravissimo ad illuminare le chitarre al momento giusto e agevolare di conseguenza il compito di Josh Wilbur (Lamb Of God, Megadeth) col risultato che l'album suona moderno e accattivante pur non inficiando il legame con le proprie radici. 'Looking Down The Barrel Of Today' e 'Seven Enemies' sono due pezzi pazzeschi, Jamey Jasta non concede il minimo respiro e la tensione sale all'inverosimile. 'From Grace We’ve Fallen' e 'Slaughtered In Their Dreams' sono i passaggi più vicini a 'The Divinity Of Purpose' allorché 'Remember When' e 'Dissonance' quelli maggiormente atipici. Presi poi nell'insieme i vari episodi acquistano ulteriore compattezza per la disperazione di tanti colleghi che vorrebbero anche semplicemente avvicinarsi a tale impatto. Una forza unica, un messaggio importante e dinamiche che trascinano dal primo all'ultimo istante. Questo è 'The Concrete Confessional' e chi aveva già costruito la lapide per il genere dovrà ricredersi a breve.