Dopo il debole 'Nighthawk' i tedeschi hanno capito di non potere più sbagliare e hanno immediatamente corretto il tiro tornando ai livelli di ispirazione di 'Avoid The Light' e aumentando in maniera sostanziale l'efficacia delle dinamiche che sorreggono la loro musica strumentale. Rimane qualche perplessità sulla scelta di non introdurre un cantante fisso in formazione dopo essersi consacrati, almeno sul territorio europeo, ma ciò non toglie che 'Trips' sia il punto più alto raggiunto in carriera con una produzione organica e naturale che illumina a fasi alterne ciascun membro della band e la propria bravura invididuale. Al posto di Martin Fisher troviamo Petter Carlsen e sapete quanto il sottoscritto ami la sua voce e le sue opere, dal progetto solista al recente Pil & Bue. 'Flux' è infatti straordinaria e sarebbe perfetta per presentare i Long Distance Calling a chi ancora non li conosce. In scaletta spiccano anche l'opener 'Getaway' e 'Rewind' con i synth che hanno assunto un potere notevole e le chitarre di Florian Füntmann e David Jordan che non perdono l'occasione di mettersi in mostra. In generale lo spettro di influenze è più vario ed i ragazzi originari di Münster spaziano dal metal alla psichedelia di fine anni sessanta, dal prog del decennio successivo al post rock dei Mogwai con assoluta conoscenza delle suddette materia e nessuna superbia. I prossimi mesi ci diranno se sarà sufficiente per compiere quel definitivo salto di qualità che tanta dedizione e qualità tecnica meriterebbero.