Dopo tre anni e con quel 'Fragments Of A Prayer' a fare da sparti acque, i Collapse Under The Empire chiudono il cerchio attorno al trigono libertà, isolamento e morte. Il ritorno sulle scene del duo strumentale di Amburgo altro non è che la seconda e, apparentemente, ultima parte di un double album concept iniziato in 'Shoulders & Giants', nel quale gli ascolti dei momenti migliori targati 65daysofstatic e God Is An Astronaut e le rivisitazioni malinconiche dello shoegaze dei cavalli di razza della Prophecy Productions si fondono con il synth pop, l?elettronica minimal più indie, la wave e il trip-hop in quello che la stampa di tendenza ha furbescamente definito ?cinematic post-rock sound?. Come in un film, l?inizio è da brivido e commovente allo stesso tempo, la verve e l?intensità di 'Sacrifice', 'Isolation' e 'Massif' raggiungono dei livelli eccelsi e la bramosia di arrivare alla parola fine cresce di secondo in secondo. Sempre per similitudine accade però che il secondo tempo della pellicola non si ripropone di dare seguito a quanto voluto raccontare sino a quel momento e finisce per estraniare lo spettatore, che per curiosa speranza aspetta lo scorrere dei titoli di coda, ma una volta lasciato il proprio posto esce dalla sala con l?amaro in bocca.