Inserisci nello stereo un disco di Nicke Andersson e sai già cosa ti aspetta. E' come se fosse una vecchia radio rockabilly a suonare. Il suono è sporco, ruvido, epico e pop. Era così per gli Hellacopters e lo è tuttora per gli Imperial State Electric. L'ex batterista degli Entombed ci regala una gemma di hard rock che conserveremo a lungo tra i preziosi più cari insieme a qualche collana o braccialetto rubati a nostra madre e le lettere ricevute dalle prime fidanzate. 'Uh Huh' e 'Sheltered In Sand' trascinano l'ascoltatore al cospetto di una sezione ritmica travolgente, Dolf de Borst dei Datsuns e l'ex Captain Murphy Thomas Eriksson, e mostra una sfacciata attitudine commerciale che non disturba affatto. Una produzione estremamente limpida non inibisce l'immediatezza dell'esordio e il materiale registrato ai Gutterview Studios di Stoccolma risulta più focalizzato rispetto al debutto con titoli come 'Narrow Line', 'Can't Seem To Shake It On My Mind' e 'Monarchy Madness' che si destreggiano in bilico tra 'Payin The Dues' e 'High Visibility'. Credo sia inevitabile che la mente corra a quei dischi quando viene chiamato in causa il musicista svedese ma il suo songwriting si è consolidato nel tempo affiancando alla passione per il garage una personale rilettura del beat anni sessanta. Non mi sorprenderei se 'Pop War' ottenesse un importante riscontro nelle classifiche nordiche ma in ogni caso l'inferno è dietro l'angolo e il conflitto non ci spaventa.