Quando uscì ‘Iconoclast’, niente più che un demo ma assolutamente formidabile, gli Ascension Of The Watchers avevano un senso. Non tanto per la disputa tra Burton C. Bell e Dino Cazares, quanto per il livello di sperimentazione che lo storico frontman dei Fear Factory aveva raggiunto assieme a John Bechdel (Ministry, Prong). Poi è uscito lo spettacolare ‘Numinosum’ e un po’ tutti, tra addetti ai lavori e appassionati di musica in genere, abbiamo dato per scontato che il progetto potesse trasformarsi in una vera e propria band. Così non è stato per vari motivi e abbiamo dovuto aspettare dodici lunghi anni prima che venisse pubblicato ‘Aporcrypha’. Di primo acchito sono rimasto deluso e quindi ho voluto aspettare di avere più tempo per ascoltare in maniera più approfondita l’album, ma non è cambiato molto. Non solo le linee melodiche sono molto meno vincenti di quelle di ‘Numinosum’, ma gli arrangiamenti non possiedono quel carattere e quel senso di pericolosità che avevano in passato. Resta l’influenza dei Killing Joke (‘The End Is Always The Beginning’ e ‘ Stormcrow’), pure quella dei Deftones, però Ascension Of The Watchers sembra più un outlet per dare sfogo a qualcosa che è scomparso. Considerato poi che i Fear Factory, appena tornati nei negozi con ‘Aggression Continuum’, sembrano in uno stato confusionale accentuato, lo sconforto al cospetto di ‘Aporcyrpha’, a cui ha contribuito in maniera significativa il drummer e programmatore Jayce Lewis, è ancora superiore. ‘Key To The Cosmos’ e ‘Bells Of Perdition’ sono tra gli episodi più interessanti mentre in chiusura troviamo la trascurabile reprise acustica di ‘Sign Your Name’ di Terence Trent D’Arby.