Ci sarebbe da parlare per ore di questo disco, delle giustificate o meno critiche che riceverà e allo stesso tempo dell’opportunità di portare avanti un progetto e pubblicare dischi che otto anni avevano un senso ma probabilmente adesso no. Almeno che non si consideri veramente scomparsa e scaduta l’originale idea di tributo agli At The Gates che aveva permeato il debutto dei The Haunted. La loro evoluzione negli anni ha portato all’uscita di release contraddittorie e non sempre in linea con le basi di un tempo. Adesso con ‘The Dead Eye’ quelle fondamenta sono state totalmente spazzate via e la spina dorsale del gruppo guidato da Peter Dolving è diventata alquanto complessa da decifrare. Se da un certo punto di vista questo potrebbe essere un percorso irto di difficoltà, cerebrale e pieno di fascino non è possibile non percepire un lento distaccarsi dei The Haunted da quelle genia di sonorità che li ha generati senza che questo porti all’approdo costante e reale su altre sponde di valore. Per tutto l’album questa sensazione di confusione e impalpabile tensione accompagna lo scorrere di canzoni che a volte lasciano il segno (‘The Flood’ e ‘The Medication’) altre meno (‘The Prosecution’ e ‘The Failure’). In ogni caso un disco che vi consiglio di ascoltare più volte prima di farvi la vostra idea personale perché coloro che amano il rischioso deviare dai binari consolidati della composizione potrebbero apprezzarlo non poco. Personalmente preferisco di gran lunga il debutto dei Frantic Bleep.