Un mese fa è uscito il video di ‘Cycle’ e mi sono subito riconciliato con la cantautrice originaria del Kentucky. Quando poi ho letto che buona parte delle registrazioni del nuovo album si erano svolte in Islanda non mi sono sorpreso affatto. Intanto le sessioni di registrazioni si sono svolte alla Greenhouse ed all’Iðnó di Reykjavik dove, nelle innumerevoli escursioni per Iceland Airvawes, ho avuto modo di ammirare gruppi incredibili come Vök e Mammút. A curarle è stato Albert Finnbogason che ricordiamo al fianco di JFDR, Sóley e Gyða Valtýsdóttir. La produzione è stata poi seguita dall’ex Sophia James Elkington. Oltre a lui e Nathan Salsburg, nella band troviamo pure la violinista Sigrún Kristbjörg Jónsdóttir (Björk, Júníus Meyvant e Seabear) e sua sorella, la violoncellista Þórdís Gerður Jónsdóttir. È evidente che, in maniera più o meno pianificata, l’ambiente nordico ed il tipico sound islandese abbiano arricchito, anche semplicemente per una questione di timbri ed atmosfere, il songwriting di un’artista che si è spesso mossa alla ricerca della tradizione irlandese, africana e naturalmente americana. Un album delizioso, introverso eppure concreto, caratterizzato da liriche di spessore e da un cantato sublime. Un album che solo nella prima parte schianta il suo omonimo predecessore e si erge all’apice della carriera della Shelley (non a caso il titolo suggerisce un approdo), al di là della partecipazione di Bonnie “Prince” Billy in ‘Coming Down For You’, che verrà esaltata da etichetta e media.