Un album sovrumano, forse abissale. Una immersione totale che segna una ulteriore evoluzione per un progetto che non ha davvero più confini. Francesca Morello ci aveva già stupito con ‘Everything Burns’, portato in giro anche con la compagnia teatrale Motus, ma con queste dieci tracce è riuscita ancora a superarsi pur mantenendosi coerente con la visione iniziale. La totale inclassificabilità del suo materiale, che poggia su un’elettronica suadente ma non disdegna improvvise divagazioni nell’alternative rock, si riflette in una serie di passaggi unici che evocano emozioni anche molto lontane tra loro. Al primo ascolto colpisce ‘Lies’, direttamente nei denti che Silvia Maggi ha messo in bella mostra nel suo spettacolare video, forse il pezzo più commerciale, qualora abbia senso usare questo termine, in carriera. A renderlo speciale ci ha pensato Matteo Valicelli (The Soft Moon, Death Index), che non è l’unico ospite illustre. L’iniziale ‘Blue’, chiamata a settare il colore di tutta l’opera dopo il rosso fuoco del disco precedente, è nata dalla collaborazione con Moor Mother. Camae Ayewa, è una poetessa, musicista e attivista statunitense apprezzata nei principali circuiti d’avanguardia, attiva anche nel collettivo free jazz Irreversible Entanglements, e il suo spoken word mette i brividi, sulla falsa riga di certe cose di Saul Williams. Una carta promozionale niente male è poi rappresentata dalla presenza di Skin degli Skunk Anansie, che ha dato spessore a ‘Can I Can U’, un pezzo nato in risposta alla paura e all’odio che ultimamente si avvertono nell’aria, alla chiusura mentale, alle imposizioni e alla mancanza di dialogo. C’è anche politica nei solchi di ‘Deep Dark Blue’, sicuramente attivismo, e ‘December 25th’ e ‘Deep Dark’, con Stefania Pedretti (OvO, Alos), sono altri due apici di una scaletta irriverente e contagiosa.