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Northside - Thursday June 7th

Il primo impatto col Northside è stato con la press zone alla quale sono stato gentilmente accompagnato, insieme ad altri colleghi, da una dolce ragazza bionda. Allestita dietro al palco principale, il Blue Stage, la press zone presentava divanetti per le interviste e per riposarsi dalle fatiche del festival, spazio radio, cinque sale per fotografi e giornalisti nelle quali era possibile ricaricare i propri portatili o cellulari, usufruire di connessione wifi e ethernet, organizzare il proprio schedule, post-produrre le foto o scrivere gli articoli in totale tranquillità. Inoltre il personale presente riforniva, a tutte le ore, di acqua, bibite e caffè nero bollente. Un po' come mi era capitato di trovare l’anno scorso al Download di Parigi e in passato all’Ankkarock di Helsinki, che in più di un aspetto mi è tornato alla mente in questi giorni danesi. Uscito dall’area con una macchina elettrica della Godik, mi sono recato al Red Stage per assistere all’esibizione di Findlay. La ragazza originaria di Manchester, descritta come una via di mezzo tra PJ Harvey e Alison Mosshart dei The Kills, è stata una delle rivelazioni dell’evento col suo mix tra shoegaze, psych rock e pop. ‘Electric Bones’ e ‘Waste My Time’ sono tra i pezzi dell’esordio discografico, ‘Forgotten Pleasures’, prodotto da Jake Gosling e Flood e impreziosito dalla presenza di Carl Barat dei Libertines, che hanno funzionato alla grande anche dal vivo e la sensazione è che la prossima volta la bella ragazza dagli occhi scuri salirà sul main stage. La serie femminile è proseguita prima con Soleima ed in seguito con le Warpaint. Sarah Mariegaard qualche mese fa ci ha regalato lo splendido video di ‘Low Life’, assieme a ‘Paper’ e ‘Breathe’ il pezzo più famoso, e lo show, terminato con la cover di ‘Torn’ di Natalie Imbruglia, ha destato stupore per la sua capacità di tenere il palco. Pop fatto bene, commerciale ma fatto estremamente bene. Le Warpaint invece mi hanno deluso a metà, come accaduto anche nella scorsa edizione di Iceland Airwaves. Il concerto impiega un tempo eccessivo a decollare e l’energia viene trasmessa a dosi troppo basse perché possa risultare davvero trascinante. Per me sinceramente rappresentano un caso nel senso che in studio mi piacciono molto e in sede live non mi convincono. Due volte di fila non fanno una regola ma poco ci manca. Ancora Red Stage con i Greta Van Fleet che ho avuto modo di conoscere dietro le quinte e sono dei ragazzi pieni di entusiasmo e desiderosi di sfondare a colpi di rock n’ roll. Le critiche ricevute a causa della forte somiglianza della voce di Joshua Kiszka a quella di Robert Plant scompaiono al cospetto di un show organico e già ben costruito, nonostante i ragazzi non abbiano ancora pubblicato un album vero e proprio, e le aspettative scaturite dall’ascolto di ‘Black Smoke Rising’ e ‘From The Fires’ sono state rispettate in pieno. ‘Edge Of Darkness’ e ‘Safari Song’ si sono distinti come i momenti migliori di un set breve ma intenso che ha incuriosito tanta gente. Dopo un pomeriggio ad alte temperature, verso le nove ha cominciato a salire un po' di vento e l’arena, in attesa della discesa della Regina, ha potuto respirare. Lo spettacolo di Björk è stato molto differente rispetto all’esibizione all’Harpa di Reykjavik e probabilmente anche da quella delle Terme di Caracalla. In questa occasione l’artista islandese si è lasciata andare ad un show molto più rock, con qualche errore e coreografie impressionanti di ballerine e flautiste immerse in uno scenario di fiori in continua dischiusura. Da ‘Utopia’ sono state estratte nove tracce alle quali si sono aggiunte gemme come ‘Isobel’, ‘Human Behaviour’ e ‘Notget’, devastante conclusione ripresa dal precedente ‘Vulnicura’, per una setlist ricca di incredibili crescendo emotivi e talmente evocativa da riuscire a trasportare in una dimensione ultraterrena. Non certo un’opera semplice in mezzo a decine di migliaia di persone festanti ma la Regina può questo e altro. La serata è stata poi chiusa da The War On Drugs e Richie Hawtin ma la testa era ancora a quanto visto un paio d’ore prima.

Parole di Lorenzo Becciani