-Core
ZiDima
Italia
Pubblicato il 11/12/2020 da Lorenzo Becciani

Come avete vissuto la fase di transizione tra 'Buona Sopravvivenza' e 'Del Nostro Abbraccio Ostinato In Questa Crepa...'?
(Franq) Ogni disco è una fotografia istantanea di un momento, ma racchiude in realtà un condensato della nostra vita, delle nostre esperienze, dei desideri e dei progetti fino a quel momento. Il momento della pubblicazione si situa proprio al centro di un ciclo. Prima e dopo ogni disco ci sono ore in sala prove, serate ai concerti suonati ed ascoltati, il conoscere altri musicisti, momenti di scambio e crescita. Una fase creativa in cui si lavora nel cerchio dei membri della band e di pochi altri e una fase di condivisione e incontro con quello che c'è fuori dal cerchio. ‘Buona Sopravvivenza’ è stato pubblicato circa 5 anni fa. Ero appena entrato nella band e ripensandoci quel momento segna l'inizio di un percorso di vita artistica ma anche personale che mi ha dato tanto e continua a farlo. I primi 2 anni sono stati soprattutto concerti suonati, tanti concerti per chi come me non lo fa per lavoro, in cui davamo tutto e ricevevamo altrettanto. Uso spesso questa espressione, i live sono la benzina della band; questi sono i momenti che più di ogni cosa mi danno l'energia per portare avanti e tenere vivo un progetto musicale. E' stato anche il periodo dei concerti ascoltati, di musicisti, promoter e gestori incontrati grazie alla musica, dello scambio di dischi, di desideri e di progetti. Non possono mancare anche i momenti in cui siamo stati più concentrati sulla nostra vita fuori da ZiDima. Si sa, ci sono alti e bassi, cicli e ricicli e ci si trova sempre prima o poi al momento delle scelte e delle conferme. Tenere in vita la creatura ZiDima non è stato scontato. A vederla con gli occhi di oggi sembra solo il naturale corso degli eventi, il nostro destino. Ma è nata nuova musica perchè avevamo ancora quella stessa urgenza di quando abbiamo iniziato e il meccanismo ha ripreso a muoversi, prima lento poi accelerando fino a concretizzarsi in ciò che poi abbiamo registrato in studio. Con le restrizioni che tutti conosciamo siamo rimasti un po' a secco. Fortuna che abbiamo trovato il modo di far conoscere il nostro lavoro e abbiamo trovato molte etichette a crederci. Sempre grazie alla condivisione di etichette, webzine, vecchi e nuovi amici e fan, il nostro disco sta girando anche senza concerti.
(Manuel) Se penso agli ultimi 5 anni provo due sensazioni contrastanti: un pò di affanno e tanta gratitudine. La prima sensazione riguarda il periodo 2015-2017, in cui abbiamo suonato ‘0Buona Sopravvivenza’ in più di 40 concerti e sempre con grande intensità. Poi c'è stata una fase di difficoltà, legata a un periodo critico anche a livello personale in cui ci siamo visti pochissimo, lontani dai palchi e dalla nostra sala prove. Se questa fase è stata superata è solo per merito degli altri zidimi, che hanno sempre creduto nella possibilità di tornare a suonare insieme con assiduità e passione. Io mi sono limitato a farmi trascinare, fino a quando le cose hanno preso il loro naturale corso. Di fatto, è bastata avere la possibilità di tornare nella nostra sala prove, allestita all'interno del centro sociale Foa Boccaccio di Monza, un luogo che amiamo e frequentiamo da ormai 10 anni, che fa parte integrante della storia di questo gruppo e abbiamo voluto celebrare con il video di ‘Vale’) e tutto è stato più semplice. Io ero comunque già davvero molto soddisfatto del nostro percorso, del disco precedente, di quello che eravamo riusciti a fare in tutti questi anni e di come l'abbiamo vissuto insieme. E provo adesso un gran senso di gratitudine nei confronti dei miei compagni musici e complici perché hanno permesso che quel filo non si spezzasse. Oggi siamo tutti pienamente coinvolti ed entusiasti come ragazzini. Non solo siamo riusciti a fare un nuovo disco insieme, ma ne abbiamo fatto uno forse per noi più importante di ‘Buona sopravvivenza’.
(Cosimo) 5 anni possono sembrare una vita intera per chi come me è abituato a suonare sempre e comunque da quasi 20 anni; ma a volte per una band come la nostra, forse sono la naturale presa di tempo necessario per chiarirci le idee su quello che stavamo producendo, sulla possibilità di scambiarci opinioni sulle tracce che uscivano fuori dalle poche ore passate in sala prove. Il lavoro di produzione di questo ultimo album è stato differente. In ‘Buona Sopravvivenza’ c'era l'urgenza di produrre un album insieme a Franq, che si era appena unito al gruppo e ci ha dato una spinta notevole nella voglia di suonare insieme. Mentre ‘Del nostro abbraccio ostinato..’ è nato suonando e risuonando i pezzi fino a trovare delle strutture anche più ardite ed articolate rispetto al passato di ZiDima.

Quando avete cominciato a scrivere i nuovi brani? Avete notato delle differenza in fase di composizione e registrazione?
(Franq) Quasi sempre, quando ci vediamo in sala, improvvisiamo per scaldarci e vengono fuori molte cose interessanti, ma non sempre hai la voglia o la possibilità di lavorarci per farne uscire un pezzo - in periodi di intensa attività live si bada a portare a casa la scaletta. Credo che tra il 2017 e il 2018 abbiamo potuto dedicarci di più a creare nuovo materiale ma non è stato facile all'inizio.
Avevamo molte idee, ma non eravamo mai soddisfatti di dove stavano andando. Hai presente quando non sai cosa vuoi, ma sai cosa non vuoi? Ecco una roba del genere. Quando non ti poni limiti resti sempre spiazzato dalla vastità dello spazio che ti trovi davanti, ritrovarci come band all'interno di questo paesaggio non era facile. Col tempo siamo riusciti a definirlo, a capire da che parte potevamo andare insieme. L'intenzione era quella di estremizzare la nostra proposta, ma non solo in un verso (più pesanti, più distorti, più incazzati ecc.), anche nell'altro. Si potrebbe dire che abbiamo rispecchiato la polarizzazione a cui abbiamo assistito nella realtà politica e sociale del momento. E poi c'era questa voglia di condividere che ci ha portato alle collaborazioni del disco, che ne sono la vera particolarità.
(Manuel) Recentemente Facebook mi ha ricordato che il testo di ‘Vale’ l'avevo scritto a ottobre 2017, quindi 3 anni primi della sua effettiva pubblicazione. I germi dei brani di questo album nascono quindi in quel periodo, anche piuttosto critico e particolare come ti accennavamo prima. E nascono comunque sempre sotto forma di improvvisazione. Poi molte cose abbozzate si perdono, altre invece riescono a sopravvivere. Su queste ultime si è poi lavorato con maggiore attenzione, cercando percorsi meno confortevoli o comunque diversi per quanto riguarda strutture e arrangiamenti. Credo anche che i due anni passati a dividere palchi con gruppi che facevano musica più estrema della nostra abbiano influenzato un po' questa direzione, perché alla fine ‘Del nostro abbraccio ostinato..’ credo sia il nostro disco più violento, con molti parti in stile hardcore (le voci e i cori screamo, gli assalti della sezione ritmica, le sfuriate sfacciate delle chitarre). Con le successive collaborazioni si è voluto "estremizzare" anche altri aspetti più legati all'emotività che al suono.

A livello di produzione che obiettivi vi siete posti? Vi siete ispirati a degli album specifici per il suono di chitarre, batteria e voce?
(Franq) Anche in registrazione abbiamo voluto aprirci ed entrare in contatto con nuovi suoni. Se nel disco precedente avevamo prodotto tutto "in casa" - occupandomi io di ogni aspetto della registrazione e del mix - e con un tempo più limitato (una sola giornata di registrazione), questa volta abbiamo scelto di avvalerci dell'aiuto di un quinto elemento che si occupasse della parte tecnica, e di prenderci più tempo. Avevamo valutato anche di farci seguire da un produttore artistico, ma forse non eravamo ancora pronti a metterci in gioco fino a quel punto, magari un giorno, chissà. Abbiamo ascoltato tanti dischi bellissimi a cui ci sentivamo vicini e notammo che spesso spuntava fuori che lo aveva fatto il Trai, citando la serie Dirk Gently "è tutto collegato". L'approccio non è cambiato, abbiamo registrato tutti insieme come il precedente, ma le condizioni erano molto diverse. Intanto io potevo occuparmi più della parte musicale, e poi avevamo Fabio come specchio del lavoro che stavamo facendo, ci ha aiutato tantissimo. Anche da questa scelta nasce, quasi per caso o forse no, la collaborazione con Ale dei Selva. Le altre collaborazioni erano rimaste fino a quel momento un desiderio. Già nella fase di composizione ne avevamo parlato e avevo cominciato a portare alle prove un synth tascabile. In fase di sovraincisione hanno visto la luce delle vere parti per synth, piano, fiati e archi. Io ho potuto registrare le prime due, ma per archi e fiati avevamo bisogno dei musicisti. Così sono entrate a far parte del disco la tromba di Emidio Bernardone in ‘Roby’ e il violino di Raffaele Terlizzi in ‘Chiara’, che ringrazio ancora davvero tantissimo a nome di tutta la band.
(Manuel) Avevo sempre sentito parlar bene del Trai Studio e di Fabio Intraina. Peraltro molti dischi che ascoltavo e ascolto ancora oggi sono stati registrati lì, a partire da "Malelieve" dei Juda che ha davvero un suono carico di pathos e di colori e che da molti anni porto sempre come mio esempio di sound ideale. Ma anche altre band amiche come i Selva o i Dhole ci avevano detto grandi cose sul Trai. Che sarebbe stato il posto ideale per fare un lavoro di qualità, e soprattutto nelle condizioni di naturale serenità che ci eravamo proposti di trovare e di cui avevamo assoluto bisogno, ce ne siamo accorti subito il primo giorno di registrazioni. Poi con Fabione è nato un bellissimo rapporto. Con Franq si sono confrontati anche nelle fasi di mixaggio e sono sicuro sia stata un'esperienza gratificante per entrambi. Insomma, ci siamo trovati benissimo sia a livello tecnico che a livello umano. L'unica pecca è che lui capisca poco di pallone.. Per il discorso sulle sonorità, non è che ci siamo ispirati a un album in particolare. Certo io prima di andare in studio sono solito indicare quei miei 3-4 dischi italiani di riferimento, anche per il suono e il livello della voce. Oltre al già citato ‘Malelieve’ dei Juda, segnalo sempre ‘Lacrima/Pantera’ dei The Death of Anna Karina. Poi credo di aver suggerito anche i dischi di Marnero (‘Quando vedrai le navi in fiamme sarà giunta l'ora’), Storm{o} (‘Sospesi nel vuoto bruceremo in un attimo e il cerchio sarà chiuso’), Øjne (‘Prima che tutto bruci’), e sicuramente una canzone di Andrea Laszlo De Simone (‘Conchiglie’), proprio per l'effetto particolare usato sulla voce.

Il disco esce per diverse etichette. Come mai questa scelta? C'è ancora bisogno di un'etichetta al giorno d'oggi per promuovere la propria musica?
(Manuel) Per noi è la seconda esperienza con le etichette, vuol dire che ci eravamo trovati bene e abbiamo voluto replicare. Non solo, abbiamo provato ad allargare la coproduzione riuscendo a coinvolgere 8 etichette sparse un po' in tutta Italia. Non so dirti quanto sia necessario avere un'etichetta per promuovere la propria musica oggi, con i mezzi che comunque ci sono a disposizione (ad esempio, di tutta la promozione del disco ce ne stiamo occupando direttamente noi, proprio perché abbiamo gli strumenti per farlo e soprattutto anche un pò di tempo e di esperienza per riuscire a farlo bene). Quello che posso dirti è che per noi il loro è stato un contributo vitale per arrivare alla stampa in vinile prima, e un'importantissima occasione di confronto e di aiuto reciproco poi. In genere da queste situazioni poi nascono anche serate, festival, incroci con altre band. Per quanto il web renda più accessibili oggi certi meccanismi, il rapporto umano e i preziosi legami che si riescono ad instaurare portano sempre a soddisfazioni più grasse e a volte anche ad amicizie vere e durature. Poi il disco sta girando tanto anche grazie alle etichette.
(Cosimo) Onestamente penso che il lavoro che fanno le etichette oggi sia sottovalutato, o quantomeno non abbastanza considerato. Come diceva Manuel, senza di loro non avremmo mai stampato il disco in vinile e questo penso sia già un aspetto da non sottovalutare per una band. Inoltre tutte le etichette si stanno sbattendo tantissimo per far conoscere il nostro disco in particolare, ma fanno così per tutte le bands, quindi in mondo in cui non c'è più la carta stampata o la tv che ti fa conoscere il nuovo artista o l'ultima uscita della band semisconosciuta, la voglia e la passione delle etichette, delle zines, webzines blog e quant'altro sono un come una manna dal cielo per le bands. Lunga vita alle etichette indipendenti!

A quale mare fate riferimento nel titolo?
(Manuel): Il titolo del disco è tratto dall'incipit di ‘Anna K.’, una delle sette storie/canzoni presenti nel disco. L'immagine dell'abbraccio mi girava in testa da parecchi anni: ricordo piuttosto bene un'illustrazione del 2010 apparsa su indymedia che raffigura alcuni ragazzi abbracciati sul tetto di un centro sociale milanese durante uno sgombero. E' un gesto molto bello e molto forte, ancora di più se inserito in un contesto particolare come quello che stiamo vivendo in questi mesi. Credo che quella suggestione mi abbia accompagnato per tutti questi anni, e sia sfociata mentre scrivevo il testo di quella canzone. Fa riferimento fondamentalmente a due cose: a quel periodo in cui siamo rimasti in maniera anche romantica ostinatamente attaccati al nostro modo di fare musica, e una sorta di minaccia: per quanto questo gesto sia lontano e poco visibile (è collocato in una crepa in fondo al mare, quindi con una distanza abissale da tutto), è una piccola manifestazione di cocciuta resistenza e perchè no, di pericolosità.

In generale quali temi trattate coi testi? Desiderate trasmettere un messaggio in particolare?
(Manuel) La promessa fondamentale è che i testi nascono sempre da quello che mi arriva ascoltando gli altri in sala prove. Non riuscirei ad avere alcun tipo di credibilità davanti a un microfono senza questa spinta. Non scrivo a casa, per conto mio, testi/appunti/frasi da poter riciclare per qualche canzone. Né mi alleno in alcun modo nello scrittura. Gli spunti nascono al momento, per empatia o per reazione contraria o per magia, chissà. Poi certo c'è una fase di rielaborazione, anche molto lunga, in cui cerco di dare un senso più o meno compiuto a quelle parole. Ma mai con il desiderio di dare un messaggio in particolare. In ogni caso, questo è l'album con meno riferimenti personali. Un po' per caso, ci siamo trovati a raccontare le inquietudini di alcune persone con cui siamo entrati in contatto, e siamo finiti col realizzare questi sette ritratti musicali che abbiamo poi intitolato con i nomi dei protagonisti di queste vicende. Quindi a parte il titolo e il brano ‘Roby’, nel disco non ci sono riferimenti agli umori e alle giornate storte degli zidimi, ma le scelte per me affascinanti e liberatorie di personaggi reali che abbiamo incrociato più o meno direttamente. In realtà sette più uno: che è Emme, che porta con sé un discorso diverso e forse questo sì anche un messaggio particolare..
(Cosimo) Manuel è bravissimo nel riuscire a catturare il nostro umore in sala prove e ribadire in parole quello che gli strumenti urlano. Le storie di queste sette personaggi è vero che non sono riferite in particolar modo ai nostri momenti personali (tranne ‘Roby’ come diceva Manuel), ma io spesso mi ci rivedo in alcuni passaggi o in alcune frasi, ed è per questo che poi magari mi viene ancora più naturale urlarli al microfono.

Perché tutto quel rosso in copertina?
(Franq) Nessun riferimento voluto. Volevamo semplicemente cambiare, visto che anche il disco precedente aveva un illustrazione su sfondo bianco.... Diciamo che i colori di ZiDima sono il bianco, il rosso e il nero... che rispecchia anche le fedi calcistiche di tre quarti della band.. Ho provato a infilare un po' di azzurro qualche volta ma senza risultati. Quindi posso già anticiparvi che, per esclusione, il prossimo avrà probabilmente uno sfondo nero, magari un po' di azzurro, chi lo sa.
(Manuel) In copertina c'è un bellissimo disegno realizzato appositamente per noi da Antonio Foglia, che abbiamo portato su sfondo rosso proprio per staccare maggiormente con la copertina del disco precedente. Poi un vinile rosso con copertina rossa non ce l'avevo ancora in casa, ed esteticamente funziona molto bene anche come oggetto di arredo (dai scherzo, i vinili fateli vivere nei giradischi!)

Chi è Anna K.? Come l'avete conosciuta?
(Manuel) Il titolo ‘Anna K.’ va inteso come un omaggio esplicito ai The Death Of Anna Karina, visto che Giulio Bursi, il loro cantante di quel periodo, mi ha concesso di utilizzare parte di un suo magnifico testo, tratto dal brano ‘Così che non potranno più prenderci’. Avevo questo buco nella prima strofa che non riuscivo a riempire, poi un giorno mi sono trovato a cantare quelle sue parole. E funzionava tutto. Dava peso emotivo al resto del testo, lo rafforzava e ne permetteva un ulteriore sviluppo. Così quel brano che si intitolava ‘Una crepa’ è diventato ‘Anna K.’. Poi Giulio mi ha fatto sapere a chi fosse dedicato quel suo testo, ma è una cosa che tengo per me. Quindi Anna K. (che poi sta per Anna Karina, famosa attrice del cinema francese degli anni 60, purtroppo recentemente scomparsa) non è una persona che noi abbiamo conosciuto direttamente, ma io ho seguito e amato visceralmente la band che porta il suo nome (band con cui ci vantiamo di aver condiviso il palco). In ogni caso anche questa è una canzone d'amore.

E invece Chiara? Come è nata la collaborazione con Alessandro Andriolo dei Selva?
(Manuel) Chiara è stata una mia collega ed ancora una preziosa amica, che a un certo momento della sua vita ha fatto la scelta coraggiosa di mollare veramente tutto, per seguire la sua passione senza alcun compromesso. Una persona favolosa che mi ha insegnato veramente tanto, e che purtroppo non vedo da troppo tempo. Non credo si sarebbe mai immaginata di finire dentro una mia canzone. E in realtà non so neanche se lo sappia adesso, con certezza, di essere lei la Chiara di questo brano. Per quanto riguarda Ale era passato in studio per caso, e visto che in quel momento stavamo registrando le seconde voci di Cosimo, gli ho chiesto se aveva voglia di partecipare ai cori. Lo conosciamo da tempo e anche con i Selva abbiamo più volte condiviso il palco. Quindi non è stato così difficile coinvolgerlo. Quello che ci ha stupito è stata la grande preparazione con cui si è presentato al microfono (ricordo che si è isolato per una quindicina di minuti a fare esercizi molto particolari per scaldare la voce) e l'attenzione e la cura che ha messo per fare la sua parte. Ne è venuto fuori un incrocio vocale potentissimo, che era esattamente quello che cercavamo per quel "ritornello".

La voce di Manuel è spettacolare. Come costruite le linee vocali? Nascono prima o dopo le parti di chitarra?
(Manuel) Ringrazio per gli eccessivi complimenti, in realtà io quando mi riascolto provo sempre un certo fastidio, così come quando per via del mio timbro scrivono che sembriamo i Marlene Kuntz, e non si va oltre nell'analisi. Ma questo è un altro discorso che ormai ho imparato ad accettare. Come ti dicevo prima le linee vocali nascono sulle parti strumentali, spesso casualmente. Poi ci sono cose che cerco di evitare, sicuro non mi piace la melodia facile e non ho una voce particolarmente armoniosa. Ammetto però che se sapessi cantare come un Renga o meglio, come Edda, probabilmente direi e farei l'opposto. Però sì, l'intenzione è quella di usare la voce come se fosse un quarto strumento (dissonante).
(Franq) In sala nasce un germe diciamo, le linee vocali sono parte integrante dello scheletro e della struttura del brano e di cui la parte musicale spesso si "nutre" evolvendo di conseguenza. Insomma la parte vocale, seppure non sia spesso melodica è un quarto strumento, indispensabile anche in fase di scrittura, un elemento che origina e allo stesso tempo è generato dalla parte musicale, in uno scambio continuo con essa. Manuel è fenomenale in questo suo modo di connettersi al sentimento musicale, che creano gli altri strumenti, amplificandolo con i suoi interventi. Senza di lui la musica andrebbe da tutt'altra parte. Anche i testi subiscono molte trasformazioni, Manuel li affina via via come un mastro cesellatore, e a volte li affila proprio come fossero coltelli.

Non avendo mai avuto la possibilità di vedervi dal vivo, come sono i vostri concerti? Dilatate certe parti strumentali o vocali? Improvvisate?
(Franq) A questa domanda preferiremmo tanto risponderti con i fatti, ma purtroppo l'orizzonte è ancora lontano. Bisognerebbe chiedere a chi ci ha visti suonare negli ultimi anni, quello che ci dicono spesso è che abbiamo un forte impatto. C'è una forte energia nei concerti - e come la avvertiamo noi la avverte anche chi assiste - quasi mistica se vuoi, con impeti liberatori. Come se concentrassimo tutte le esperienze, i sogni e i desideri, ma anche tormenti, pene e malessere in un nucleo piccolissimo, come un buco nero per poi scoppiare come una supernova liberando tutta l'energia sotto forma di suono. Sul palco siamo abbastanza quadrati, zero improvvisazione se parliamo di struttura, scaletta quasi identica, maciniamo pezzo dopo pezzo con poche pause. Per me è come andare in trans, alla fine sembrano passati 3 minuti e invece abbiamo suonato per 30. Ma ogni concerto ha le sue sfumature, non siamo certo macchine.
(Manuel) Sul palco ci danniamo e sfoghiamo senza ritegno. Ne viene fuori un cabaret "d'arte varia" molto intenso e anche divertente, che spesso ci lascia segni addosso anche per un paio di giorni. Per quanto richieda energie fisiche e mentali comunque non indifferenti, quella dei live è assolutamente la parte che preferisco del mio modo di essere parte di una band, perché è liberatoria come poche altre cose nella vita. Anche se ogni volta mi prometto di limitarmi, pensando soprattutto ai postumi in agguato, in quei momenti mi slego totalmente dal resto del mondo e penso solo a farmi trascinare dalle emozioni, finendo spesso per cantare inginocchiato o a lanciarmi nel pogo con il pubblico, come se avessi ancora la loro età. In effetti col tempo ho fatto capire che resto giù a pogare solo se trovo un pogo rispettoso degli anziani. Comunque ci è stato detto più volte che i nostri live siano ancora più intensi dei nostri dischi. E io che appunto ogni tanto scendo tra il pubblico durante il concerto, te lo posso confermare: dal vivo gli ZiDima sono emozionanti, e travolgenti.
(Cosimo) Suonare dal vivo è stato, è sarà per me, il momento migliore dell'essere musicista. Non tanto per l'esposizione che facciamo agli altri, ma perché in quei 30 minuti riesco ad astrarmi dal resto del mondo e a farmi trascinare dalla musica. Non mi importa chi ci sta guardando (che siano 300 persone o pochi intimi), voglio poter tirare fuori quegli aspetti di me stesso che non posso esibire tutti i giorni, sfogare la violenza, riempirmi di pathos, emozionarmi; per questo alla fine dei concerti spesso abbiamo i segni sul nostro corpo (mal di schiena, voce rauca, acufene, stomaco scombussolato dalla birra e altri che puoi immaginare). Chi sente un racconto così potrà dire, ma chi te la fa fare! Non è semplice da spiegare, ma sento la necessità di farlo e con ZiDima questa necessità spesso si tramuta in grandi esplosioni di energia e coinvolgimento emotivo. Anche perchè ormai ci conosciamo da qualche anno e l'intesa che riusciamo a raggiungere ci porta anche a capire se uno sta andando in una direzione o in un'altra trovando sempre il modo di creare il climax che abbiamo intenzione di comunicare a chi ci guarda. Quindi sì scaletta precisa e provata, ma anche qualche improvvisazione dovuta alla necessità del momento.

Quali sono i gruppi italiani con cui avete legato maggiormente in questi anni? E invece uno o due che non conosce nessuno e che meriterebbero di essere famosi?
(Manuel) Un pò di nomi li abbiamo già fatti nelle risposte precedenti. Tra quelli con cui abbiamo legato maggiormente aggiungo sicuramente I Fasti (poesia ed elettronica da Torino), Il Vuoto Elettrico (sfuriate noise da Brescia), i Filthy Generation (trio elettro-techno-punk dalla Brianza), e poi altre band che al momento sono ferme ma con cui abbiamo passato serate indimenticabili: e quindi i Ruggine (da Cuneo), i Gordo e Miky Bengala, gli Iceberg (da Pavia) e i Jerrinez (Milano old school). Un gruppo che merita di diventare famoso? Ti dico i Vintage Violence, con cui ci si siamo incrociati spesso all'inizio di questa avventura e verso cui nutro sempre un affetto enorme. Sì, mi piacerebbe proprio vederli diventare ricchi sfondati con la loro musica.
(Cosimo) La cosa bellissima che ci ha portato la nostra musica è quella di aver conosciuto gente vera che ci ha colpito nel profondo. Mi limito a dire: bands voi sapete chi ringrazio, perché siete davvero troppi per citarvi ad uno ad uno.

ZiDima
From Italia

Discography
Cobardes (2010)
Buona Sopravvivenza (2015)
Del Nostro Abbraccio Ostinato In Questa Crepa In Fondo Al Mare (2020)