-Core
Damn Freaks
Italia
Pubblicato il 09/10/2020 da Francesco Brunale

Jacopo Meille è uno dei musicisti più impegnati che ci siano in Italia. La sua incredibile ugola è messa al servizio di alcune band tricolori, ma anche di altre internazionali come i Tigers Of Pan Tang ed alla fine di questo 2020 saranno ben quattro i lavori che saranno presenti sul mercato e che lo vedranno protagonista. Dopo aver dato alla luce un disco meraviglioso con i General Stratocuster & The Marshals, arriva nei prossimi giorni il secondo lavoro dei Damn Freaks (“Love In Stereo”) che strizza pesantemente l’occhio alla musica hard rock degli anni ottanta, soprattutto a quella totalmente in voga sulla costa pacifica. Un album fresco e pieno di ottime canzoni che è nato in modo diverso dall’esordio, così come ci spiega il cantante toscano: “E’ un disco che esce a nome nostro e spiego quello che voglio dire. Il primo lavoro del 2017 nacque come una sorta di studio project grazie ad un’idea del nostro batterista Matteo Panich e del chitarrista Marco Torri che mi coinvolsero e mi chiesero di cantare con loro. All’inizio non c’era nessuna idea di far si che la band si consolidasse. Poi questa cosa è andata bene ed abbiamo deciso di dare un seguito al nostro esordio. Abbiamo fatto tesoro del passato ed abbiamo scritto le canzoni alla vecchia maniera, ovvero in sala prove. Non mi sono adeguato alla struttura musicale, così come era accaduto, invece, nel primo lavoro. Questa cosa la reputo un grande passo avanti e c’è un senso di appartenenza maggiore tra di noi”.

Quando vi siete ritrovati insieme per scrivere questo nuovo disco?
“Lo abbiamo concepito lo scorso anno e lo abbiamo registrato prima del lockdown e quindi non ci immaginavamo quello che sarebbe successo da lì a poco. La nostra idea era di fare un disco di puro divertimento. Aldilà dei nostri gusti musicali, ognuno di noi voleva ricordare il rock come piace a lui. A me mancava poi tantissimo la volontà di sfogare la mia passione per il rock degli anni ottanta. Nei gruppi dove sono stato in precedenza non c’era mai stata tale possibilità”.

Si avverte proprio un ritorno a certe sonorità tipiche di band come Ratt, Cinderella e Poison. E’ un caso oppure sono proprio loro i riferimenti di questo lavoro?
“Quello che dici è vero. Io ho fatto per questo disco quello che fanno gli attori. Mi sono chiuso nella mia stanza ed ho nuovamente ascoltato per un bel poco di tempo tutti i dischi che hanno fatto la mia felicità dal 1980 sino alla fine di quella decade proprio per trarre ispirazione. Ci sono, però, anche brani anche scuri come Requiem”.

A proposito di “Requiem”, a me pare evidente un certo richiamo agli Alice In Chains, soprattutto a quelli di “Facelift”, visto che si trovano somiglianze con “Bleed The Freak”. Cosa pensi?
“Agli esordi non dimenticare che gli Alice In Chains venivano dal mondo glam. Tra l’altro quella canzone faceva parte di una session che io e Matteo avevamo conservata nei nostri archivi. In pratica questo è un pezzo che doveva far parte del secondo album del gruppo precedente a questo che si chiamava Fools Moon. Con loro realizzammo un disco nei primi anni del 2000 che uscì per l’Andromeda di Gianni Della Cioppa. Questa canzone ci piaceva tantissimo e quindi abbiamo deciso di tirarla fuori nuovamente e riarrangiarla. Pur avendo un ritornello orecchiabile, rimane molto oscura”.

Sul finale di questo album ci sono due perle come “Kiss My Ass” e “Stranger To Your Touch” che hanno davvero tutto per essere delle vere e proprie bombe commerciali. Magari in un altro periodo ed in altro paese sarebbero in cima alle playlist radiofoniche. Invece bisogna fare i conti con i tempi attuali. Qual è il tuo giudizio?
“Nei confronti di “Kiss My Ass” posso dire che nutro molto affetto. Ho scritto un testo che parla di una storia vera ed è ispirato a dei personaggi esistenti. La fortuna di noi musicisti è quella che possiamo scaricare la nostra rabbia. In questo caso c’è uno sfogo nei confronti di veri e propri incompetenti e chi mi conosce sa di cosa parlo. Anche con i Mantra avevamo delle canzoni che se fossero uscite con case discografiche che avevano volontà di investire, avrebbero portato ad altri risultati. “Stranger Your Touch” è uno dei pezzi migliori del disco e nella mia personale track list lo avrei messo più in alto. Alla fine è stata presa un’altra decisione e va bene lo stesso. Questo è un brano in cui abbiamo mantenuto la stessa sensazione che abbiamo avuto quando siamo entrati in sala prove. Da un’idea del nostro chitarrista è venuta fuori la canzone in non più di due ore. Il testo mi è venuto naturale e la registrazione cattura quell’urgenza che avevamo”.

Facendo un salto nel passato recente, ad inizio 2020 è uscito un nuovo lavoro dei General Stratocuster & The Marshals. Qui mi sembra che sia più forte l’influenza degli anni settanta. Sei d’accordo?
“Questo è vero. I General Stratocuster racchiudono gli anni settanta, mentre i Damn Freaks gli ottanta. Ora mi manca un progetto che tenga in considerazione la decade successiva e siamo apposto. Ritornando ai General, posso dire che il nostro ultimo disco è quello che, per certi versi, mi rappresenta meglio, visto che prende in esame il periodo che mi piace di più, cioè quello degli anni settanta. Quella è la musica che io ascolto quando sono a casa e posso tranquillamente considerarmi un figlio mancato degli anni settanta. Con i General Stratocuster, alla fine, siamo riusciti a fare delle date in Italia prima del lockdown, arrivando a suonare anche in Sardegna. In questo senso siamo stati abbastanza fortunati, considerato quello che è successo dopo”.

E dei Mantra che hanno messo a segno sempre lavori di assoluta qualità, come ad esempio l’incredibile “I4D” che cosa ci puoi dire? Sarete fermi ai box per sempre oppure siete solo in pausa?
“Dai un senso alla mia esistenza quando parli di “I4D”, perché secondo me l’ultimo disco dei Mantra è una delle cose più belle a cui ho mai partecipato. Ce l’ho sull’ipod e lo ascolto di frequente. Anche lì qualcosa sta bollendo in pentola, nel senso che ci sarà una nuova band che vedrà coinvolti tre quarti di Mantra. Proprio durante la pausa forzata ci siamo scambiati tra di noi dei nuovi provini e qualcosa verrà fuori”.

Sarà qualcosa legato proprio agli novanta in modo da chiudere il cerchio in via definitiva?
“Un pochino. Gianluca Galli ha tirato fuori dei riff che hanno riacceso in noi la fiamma. Stiamo lavorando ad un progetto che vuole recuperare il repertorio vecchio e a cui aggiungere brani nuovi proprio per dare un certo senso di continuità tra passato e presente”.

Diciamo che non sei mai fermo, visto i tuoi progetti musicali oltre all’attività di insegnante e di giornalista. Come trovi il tempo per conciliare il tutto?
“Paradossalmente lo stop forzato non ha frenato la mia creatività. Per tre mesi ho lavorato su più fronti. Ho iniziato una collaborazione con il chitarrista dei Bonfire Frank Panè. Ho prestato la mia voce nel suo nuovo progetto che si chiama Sainted Sinners. Anche lui si è trovato bloccato in casa, visto che gli era saltato il tour con i Bonfire. Allora mi ha contattato e mi ha chiesto se volevo partecipare a questo nuovo gruppo. I pezzi mi sono piaciuti tantissimo e quindi si è materializzata questa collaborazione. La band, in questo caso, è internazionale, visto che ci sono musicisti ungheresi e americani oltre a Ernesto Ghezzi che è il tastierista di Max Pezzali. A tutto pensavo ad inizio anno, tranne che avrei registrato un altro disco ed invece a dicembre uscirà fuori. Inoltre con i Tigers Of Pan Tag abbiamo pubblicato la ristampa di “Ambush”, perché ormai era fuori catalogo. Ci abbiamo messo una serie di bonus tracks, tra cui un pezzo completamente inedito. Anche con loro dovevo suonare in giro per il mondo, ma non se n’è fatto niente per i noti problemi. Poi il nostro chitarrista più giovane aveva deciso di andarsene e qui abbiamo voluto fermarci”.

E della tua attività nella cover band dei Led Zeppelin che cosa ci puoi raccontare?
“E’ la cosa paradossalmente per cui sono conosciuto di più in Italia, visto che sto in una cover band dei Led Zeppelin. E’ un qualcosa che mi fa piacere, ma che sinceramente mi fa riflettere sulla percezione che esiste della musica nel nostro paese. Faccio parte dei Norge dal 1998, quando le cover band non avevano ancora monopolizzato il mercato. All’epoca non pensavamo che questa cosa sarebbe diventato un boomerang, visto che oggi nei locali si suona solo cover. Del resto appena il lockdown si è allentato, le prime date che ho fatto sono state con loro, anche se in acustico”.

Per concludere, penso che alla fine, nonostante un anno difficile, tu ti possa ritenere soddisfatto.
“Al tirare delle somme posso definirmi contento, perché sono arrivato alla fine di quest’anno strano con tanti gruppi con cui ho scritto materiale originale e quindi non mi posso lamentare”.

Damn Freaks
From Italia

Discography
Damn Freaks (2017)
Love In Stereo (2020)
III (2023)