-Core
The Great Old Ones
Francia
Pubblicato il 18/11/2019 da Lorenzo Becciani

‘Cosmicism’ è un altro album bestiale! Quando avete cominciato a comporre le tracce? Com’è stato il processo?
Ti ringrazio. Generalmente inizio a comporre poco dopo la release dell’album precedente ma stavolta c’è voluto più tempo a causa dei tanti concerti che abbiamo organizzato. Il processo non è mai cambiato, compongo la maggior parte del materiale da solo, di fronte al computer. È un lavoro per cui devo percepire emozioni e devo essere al cento per cento dentro alla musica che scrivo. In ogni caso, le canzoni prendono veramente forma quando le suoniamo assieme ed ogni membro fa proprie le sue parti, con la propria sensibilità. Se ognuno nella band percepisce l’intensità di un pezzo ed entra in una sorta di trance mentre lo sta suonando, allora significa che il pezzo è completato e finirà sull’album.

Cosa volevate cambiare o migliorare dopo ‘EOD: A Tale Of Dark Legacy’?
Proviamo a non pubblicare due volte lo stesso album e sperimentare nuove cose, mentre ci evolviamo come musicisti e compositori. ‘EOD: A Tale Of Dark Legacy’ era molto dark e violento. Stavolta volevamo proporre un album più epico e vario, ma ancora intenso ed atmosferico. Ognuno di noi è libero di esprimersi come crede, attraverso parti ed arrangiamentim, e ogni canzone racconta la sua storia e mostra la sua personalità.

Che sonorità volevate ottenere? Com’è stato lavorare con Francis Caste?
Siamo molto soddisfatti del sound di ‘EOD: A Tale Of Dark Legacy’ ma per le canzoni di ‘Cosmicism’ cercavamo qualcosa di diverso. Volevamo una produzione naturale, un po' sporca e potente senza sacrificare le atmosfere che ci caratterizzano. Francis l’ha capito e ha dato il massimo perché l’ascoltatore potesse immergersi nella nostra musica e nel nostro universo. Credo proprio che ci sia riuscito!

Che strumentazione avete utilizzato in studio?
Questo cambia a seconda degli album. Per alcune parti abbiamo usato i nostri amplificatori personali ma ci piace sempre testare nuovo materiale, su suggerimento del produttore. Per ‘Cosmicism’ abbiamo usato principalmente Marshall, Orange e Sovket. Tra gli effetti, l’Holy Grail, un pedale per il riverbero, ha giocato un ruolo importante.

Pensi che la scena extreme metal francese si stia muovendo nella giusta direzione?
Sono ormai diversi anni che la scena francese ha attratto attenzione dall’estero e molti gruppi si sono imposti a livello internazionale. I Gojira per esempio sono una band gigantesca e Deathspell Omega e Blut Aus Nord sono due band di culto in ambito black.

Le liriche ed il concept sono incredibili. È difficile continuare a prendere ispirazione dai libri di H.P. Lovecraft dopo tutti questi anni?
Non è tanto un problema di ispirazione perché l’universo lovecraftiano è notevole e ci sono ancora tanti aspetti da esplorare.

Cosa lo rende ancora moderno e attuale?
L’uomo è auto-distruttivo, egocentrico e non guarda a cosa succede altro. I testi di Lovecraft risvegliano un forte sentimento nichilista, specialmente nella filosofia del cosmicismo ma ciò non significa che ognuno non debba vivere la propria esistenza. Apre gli occhi sull’immensità del cosmo, la profondità del mare e ci ricorda quanto siamo piccoli. Credo che questi aspetti non possano che affascinare così come il culto dell’ignoto e la bellezza di scoprire nuove cose. Come spiega Lovecraft, non siamo sicuri che l’essere umano sia pronto a scoprire una civiltà extraterrestre. In molti diventerebbero pazzi probabilmente.

Qual è il significato di ‘The Omniscient’ e ‘ Dreams of the Nuclear Chaos’?
‘The Omniscient’ parla di Yog-Sothoth ed in particolare del destino di Wilbur Whateley, nato da padre sconosciuto ed alla costante ricerca delle sue origini. La gente di Dunwich e dei luoghi vicini accolgono questo ospite occulto, sapendo che nasconde una forza sconosciuta.
‘Dreams Of The Nuclear Chaos’ parla invece di Azathoth ed è principalmente basata su ‘The Dream Quest Of Unknown Kadath’ quando Carter, intrappolato da Nyarlathotep, si trova davanti agli avi e cerca una via di fuga. É il pezzo più violento di tutto l’album e ne rappresenta al meglio questa entità, che avanza ciecamente verso un universo infinito.

Possiamo considerare ‘A Thousand Young’ come la traccia più prog della vostra carriera?
Non saprei dirti. Trovo ‘Lost Carcosa’ più prog perché convulsa e caotica. Di sicuro è un pezzo molto epico, come una morbosa cavalcata nella mente di Shub-Niggurah. In ogni caso, abbiamo esplorato nuovi orizzonti con un assolo di chitarra che risponde all’altro e questo dà senza dubbio un’immagine progressive. L’ascoltatore alla fine può percepire l’inesorabile avanzamento dell’entità verso la follia.

Cosa avete chiesto a Jeff Grimal in termini di artwork?
Volevamo qualcosa di molto illustrativo come i nostri vecchi artwork. Una sorta di invito a viaggiare. L’entità spinge l’ascoltatore fino ai confini dell’universo, nell’ordine di scoprire oscuri segreti. Ci sono un sacco di dettagli nel quadro e l’atmosfera che emerge è totalmente in armonia con il concept dell’album.

Qual è stato il vostro migliore show finora?
È difficile sceglierne solo uno! Direi il nostro ultimo concerto all’Hellfest. Folla enorme e grande supporto che ci hanno spinto a dare il massimo. Speriamo comunque di visitare tanti altri luoghi perché c’è bisogno di rituali lovecraftiani nel mondo.

(parole di Benjamin Guerry)

The Great Old Ones
From Francia

Discography
Al Azif 2012
Tekeli-li 2014
EOD: A Tale of Dark Legacy 2017
Cosmicism 2019