-Core
Il Gigante
Italia
Pubblicato il 04/03/2019 da Lorenzo Becciani

Perché Il Gigante?
Per tanti motivi. Innanzitutto un motivo evocativo. Infatti vogliamo inquadrare il nostro sound come un sound grosso, pesante, che incede inarrestabile e diretto verso l’orecchio di chi ci ascolta come i passi di un individuo gigantesco. Poi per un motivo pratico. “Il Gigante” è un nome corto, semplice da ricordare e soprattutto in italiano, che è la lingua nella  quale abbiamo scelto di scrivere. Infine un motivo “romantico”. Infatti nella nostra precedente vita artistica sotto il nome di Sluggish Tramps abbiamo inciso un album che aveva come concept quello del viaggio di un individuo gigantesco chiamato “El Peregrino” che vagava per il mondo non curandosi delle convenzioni della società, seguendo la sua strada senza impedimenti o ripensamenti. Siccome il concetto alla base di quel lavoro lo sentiamo tuttora vivo in noi, abbiamo deciso di portarcelo dietro chiamandoci appunto Il Gigante.

Come è nata la band e quanto sono cambiati gli obiettivi dalle registrazioni di ‘Stomp!’ a quelle del vostro primo album?
Il progetto nasce ufficialmente alla fine del 2016, ma in realtà noi suonavamo insieme da ben prima, solo con un altro nome e con un progetto artistico ben diverso. Ad un certo punto però abbiamo sentito il bisogno di evolverci e compiere delle scelte musicali ben precise, un pò come quando si diventa adulti e si prendono delle scelte per la propria vita. Così abbiamo scritto e pubblicato l’EP “Stomp!” nel 2017, con grande entusiasmo ed un timore classico di comincia una nuova impresa. I feedback che abbiamo ricevuto sono stati molto positivi, abbiamo suonato a diversi concerti e vinto anche qualche concorso. Questo ci ha dato una bella spinta emotiva per scrivere il nostro nuovo album “La Rivolta del Perdente” con il preciso intento di calcare ancora più palchi e far arrivare il nostro messaggio a più gente possibile.

Quali sono le vostre influenze principali? Non necessariamente band famose ma anche qualche nome meno conosciuto..
Da un punto di vista propriamente artistico ci sentiamo influenzati da artisti come i Verdena e i Queens of the Stone Age. Infatti si potrebbe dire che è stata una loro recente “riscoperta” ad aver avviato il processo di trasformazione ne “Il Gigante”. E’ buffo in realtà constatare come artisti così famosi e che ascoltavamo già da un pò riescano solo dopo molto tempo ad influenzarti in maniera profonda. Forse non si è sempre emotivamente pronti ad accogliere subito la forza espressiva di alcuni importanti artisti.

Dove avete registrato l’album? Chi si è occupato della produzione?
Abbiamo registrato l’album ad Arezzo presso la Blue Dot Production di Enrico Zoi, che si è occupato insieme a noi della produzione dei pezzi. Con Enrico ci siamo trovati molto bene perchè abbiamo capito subito che ci teneva molto al nostro progetto. Infatti tutto il suo entusiasmo nel proporre idee o nella ricerca dei suoni è riuscito poi a trasmettercelo e questo secondo noi si riesce ad avvertire nel risultato finale del lavoro. La motivazione nel cercare di realizzare buon lavoro era così tanta che è capitato a volte di prolungare le sessioni di registrazione fino alla mattina presto!

Che tipologia di suono avevate in mente? Siete riusciti ad ottenerlo o siete scesi a qualche compromesso?
In realtà, seppure secondo noi il nostro lavoro rimane inquadrato in uno stile preciso, le variazioni di intenzione all’interno del disco sono molte e di conseguenza non è stato semplice cercare di trovare il giusto sound. Trovare una coerenza passando da brani belli energici a brani più sentimentali ha richiesto maggiore lavoro e una bella dose di pazienza. Però il risultato rispetta ampiamente le nostre aspettative e non siamo neanche scesi a troppi compromessi. Di sicuro non abbiamo assolutamente rimpianti e questa è la cosa più importante.

Che strumentazione avete utilizzato in studio? Analogico o digitale?
Nel registrare un disco è sempre bene cercare diverse situazioni sonore, perciò abbiamo radunato una strumentazione bella variegata, grazie anche all’aiuto di Enrico e dello studio di registrazione. Infatti uscire un pò dai nostri setup abituali può essere una scelta vincente nella ricerca di quel dettaglio sonoro che può fare la differenza tra un pezzo banale ed uno ben prodotto.  Il processo di registrazione è stato tutto digitale. Questo rimane comunque un sistema molto flessibile ed efficace che ci dà risultati soddisfacenti in breve tempo. Nella nostra vita non siamo mai riusciti a toglierci lo sfizio di registrare qualcosa in analogico. Ma un giorno, chissà...

Adesso vorrei che tentaste di recensire ciascuna traccia dell’album con due righe al massimo…
Il pezzo iniziale è “Allora Suona Tu” e si configura come un inno rabbioso e veemente di chi cerca di fare la propria musica in questi tempi dove tutti si sentono in diritto di dirti cosa devi fare.
“Pace” invece è un pezzo vulcanico e solenne, dove constatiamo che spesso la gente ama pensare facile, ma non sempre è giusto così.
Ne “La Notte” è principalmente la musica a parlare, con un fiume di lava che esce fuori dalle chitarre a bruciare tutto mentre la voce dipinge un affresco delle angosce notturne.
“Che sia la fine” è un brano singolare, con connotati dance e coinvolgenti, che narra la storia di un uomo che nonostante le difficoltà e le porte in faccia prese sa che la speranza non lo abbandonerà.
“Nagaraya” è l’onirico viaggio di un uomo che cerca e trova se stesso, con il ritornello che diventa la catarsi della sua fusione con l’oceano e con il mondo circostante.
“La rivolta del perdente” è la titletrack dell’album e nel suo incedere quasi religioso mette in evidenza la voglia che l’uomo ha di sentirsi umano nelle sconfitte, rispetto al “vincente” che di umano non ha proprio nulla.
“Charlie” è la rabbia di chi non accetta che l’altro si elevi senza titolo al di sopra degli altri, con le strofe che creano la giusta tensione per lo sfogo furente del ritornello.
“La Camicia di mio Padre” è la poesia di chi ha la consapevolezza del fatto che le cadute ti rendono più forte, con la malinconia delle strofe che si trasforma nella decisione risoluta dei ritornelli.
“Questo è un Lento” è pulsione pura. É un brano incoerente nel titolo e instabile nella musicalità, dove il messaggio non è solo nel testo ma è insito nella canzone stessa: “Noi facciamo quello che ci pare”.
Nella suite finale del disco intitolata “Viviamo per non morire mai più” auguriamo a chiunque di condurre la propria vita non rimanendo steso ad aspettare, ma alzandosi in piedi per affrontare le avversità e diventare così immortale.

Qual è la traccia chiave dell’album o comunque quella che vi rappresenta al meglio in questo momento?
La title track “La rivolta del perdente” ha un significato speciale per noi. Essa infatti si può vedere non solo come una ricerca di riscatto a livello umano ma anche artistico. Vogliamo con questo pezzo tracciare un confine tra le persone che “vincono” in maniera vuota producendo musica per fama o soldi e le persone che invece desiderano solo esprimere loro stesse, ricevendo il più delle volte delle sonore sconfitte. Ma noi non siamo intenzionati rimanere a terra sconfitti. Vogliamo continuare a dare noi stessi per fare ciò che più amiamo.

Chi ha realizzato l’artwork? Ha un significato specifico?
L'artwork lo ha realizzato Daniele. L'illustrazione in copertina racchiude in sé il messaggio che volevamo dare con le tracce dell'album, cioè  di trovare la speranza anche nei momenti più bui della propria vita. Infatti si può notare un uomo accovacciato avvolto dalle fiamme che raccoglie una goccia che sta a simboleggiare la speranza ritrovata.

Il cantato di Daniele è davvero notevole. Come nascono le linee vocali? C’è un testo che ti riguarda più degli altri?
Le linee vocali nascono più o meno in concomitanza con la nascita del pezzo strumentale, specialmente in quest'album abbiamo sentito l'esigenza di creare canzoni che fossero il risultato di un unione calzante tra testo e musica per raccontare al meglio ciò che volevamo dire. La canzone a cui sono più  legato è  indubbiamente Nagaraya, è  un testo che ho scritto durante un viaggio in SriLanka e parla di un nuovo concetto di libertà profondamente legato alla natura che ho potuto sperimentare lì. In più proprio nei giorni di permanenza in Sri Lanka è stata concepita mia figlia.

Vi sentite parte di una scena italiana? Quali sono le band migliori tra le realtà emergenti? C’è qualche band in particolare con cui avete legato in questi anni?
Osservandoci attorno è difficile dire di appartenere a quel tipo di scena che è sotto gli occhi di tutti. Infatti si potrebbe dire che apparteniamo ad un mondo di musicisti quasi totalmente fuori dall’hype della trap e dal glamour dell’It-pop e sinceramente a noi sta bene così. Anche perchè in realtà secondo noi esiste un intero sottobosco di musicisti che ancora scrive e suona semplicemente per poter dire qualcosa di rilevante a livello artistico. Per tirare un pò di acqua al mulino delle realtà umbre tra i musicisti meritevoli vogliamo citare i fratelli de “I Cieli di Turner” che sentiamo vicini perchè come noi lottano per farsi sentire nel difficile mondo del vero underground italiano.

Come pensate di promuovere l’album?  
Con tutti i mezzi che ci è possibile adoperare! I social sono il canale più “facile” da utilizzare, grazie ad essi rimaniamo in contatto con chi ci segue in maniera semplice. Però il nostro vero obiettivo, nonchè il modo più efficace per promuovere il disco, è quello di suonare il più possibile. Il live per un musicista è il canale più autentico per trasmettere la propria energia agli altri ed è per questo che stiamo lavorando anche con i nostri amici/fratelli di Jap Records per fare più date possibili e girare in lungo e in largo per lo stivale.

Il Gigante
From Italia

Discography
La Rivolta Del Perdente - 2019