Chissà quante volte il successo di Creed e Alter Bridge è stato filtrato in maniera eccessiva attraverso le qualità di frontman come Scott Stapp e Myles Kennedy. In fondo è capitato un po' a tutti limitare il giudizio all'apparenza oppure non approfondire troppo l'analisi di un prodotto quando l'efficacia era spiccata. Nello specifico il chitarrista statunitense non aveva certo bisogno di questo disco per aumentare il conto in banca ma sicuramente le presenti dodici tracce serviranno a catalizzare maggiormente l'attenzione sul suo ?peso? compositivo negli ultimi anni. Al suo fianco troviamo il chitarrista ritmico Eric Friedmann, il batterista Garrett Whitlock e il produttore Michael Baskette per un album che tende a riappropriarsi delle radici con riff dotati di grande groove e influenzati dagli indimenticati masterpiece di Metallica e Pantera. Il titolo potrebbe fare pensare a qualcosa di altamente autobiografico o didascalico ma Mark Tremonti non è uno sciocco e sa perfettamente come ritagliarsi uno spazio significativo nella scena moderna. 'Leave It Alone' serve ad introdurre l'ascoltatore in un'ambientazione potente e ricca di sorprese alla quale chi ha consumato di ascolti 'AB III' non faticherà ad abituarsi. 'So You're Afraid' e 'Wish You Well' proseguono per la medesima direzione svelando un appeal melodico importante. 'Brains' svela retaggi psichedelici e grunge mentre 'The Things I've Seen' è caratterizzata dalla migliore performance vocale e non a caso è stata scelta per presentare l'album a tutti i suoi fans. Nella seconda parte dell'album spiccano 'Giving Up' e 'Doesn't Matter'.