Un esordio di spessore ed un altro nome da segnare nell’elenco delle promesse della scena elettronica italiana (Ginevra Nervi, Sacrobosco, Francesco Perissi..). Il musicista siciliano, di base però a Bologna, è attivo da tempo in ambito di improvvisazione elettroacustica (Minus, Tempo Reale) ma per la sua opera prima ha ideato un concept davvero singolare, che poggia su quattro concetti ovvero voce, distanza, macchina e metamorfosi. Al di là dei retaggi di musica classica e della lezione, ancora più classica, che Ovidio ci ha trasmesso con La Metamorfosi, la scaletta è costruita su voci che arrivano da lontano e che sono state deframmentate e poi successivamente ricomposte attraverso la tecnologia digitale. Una mediazione artificiosa che permette all’ascoltatore di adagiarsi lentamente su un letto sonoro vago, invisibile ma allo stesso tempo estremamente concreto. Così, come Echo che perdeva il suo corpo e si trasformava in suono, le voci che segnano lo scorrere dei minuti nel quotidiano vanno a costituire qualcosa di statuario e immutabile. ‘Scroll Macabre’ e ‘Vox Aeterna’, che vede la partecipazione di Agnese Banti, catturano subito l’attenzione e sostanzialmente preparano la mente e lo spirito al finale epico di ‘Apparatus [songmachine]’, che andrebbe fatto udire a chi pensa all’autotune soltanto in associazione alla trap.