L’amore di cui parla Ginger in questo decimo studio album è il medesimo che caratterizzava ‘Just In Lust’ o ‘Be My Drug’ in ‘P.H.U.Q.’. Ormai da qualche anno, vuoi per tirare su qualche soldo e vuoi perché comunque coincide con il periodo di massima ispirazione, il chitarrista e songwriter inglese cita in maniera innegabile il suddetto capolavoro ma, esattamente come per il precedente ‘Renaissance Men’, lo fa talmente bene che è difficile dargli torto. Anche ‘21st Century Love Songs’ risulta molto vario, ricco di spunti chitarristici e vocali vincenti e con un messaggio di fondo in controtendenza con tutto quello che domina il mercato discografico di oggi. Non sono sicuro che i Wildhearts possano tornare ai livelli di popolarità di metà anni ‘90 così come non credo che quest’album cambierà la vita del leader originario di South Shields, iniziato al rock dai Quireboys, e dei musicisti che stanno al suo fianco ovvero l’altro chitarrista Chris Paul Persaud-Jagdhar, il bassista Danny McCormack ed il drummer Ritch Battersby. Oltre ai singoli ‘Sort Your Fucking Shit Out’, che pare uscito da ‘Supershit 666’, e Splitter’ spiccano ‘Sleepaway’, ‘You Do You’ e ‘Directions’ ed in generale non manca la densità compositiva che ha sempre caratterizzato l’approccio compositivo di Ginger. Onore alla sua integrità e ad una mente che potrà anche subire qualche passaggio a vuoto (‘My Head Wants Me Dead’) ma che continua a produrre materia rock senza sosta.