Quando è trapelata la notizia di un disco solista del chitarrista e principale compositore degli Amorphis non mi sono sorpreso più di tanto anzi, a dirla tutta, mi sarei aspettato che fosse uscito già da parecchio tempo qualcosa del genere. Sicuramente la sospensione dell’attività live lo ha aiutato a completare il presente materiale ma la visione dell’artista alla base della stupefacente evoluzione del sound di capolavori come ‘Tales From The Thousand Lakes’ e ‘Elegy’ è maturata di anno in anno, fino a delineare ‘Silver Lake’ nei minimi dettagli. Il nome del progetto non è certo originale perchè ricorda ‘Silver Bride’, uno dei pezzi più avvincenti di ‘Skyforger’ (dove non avrebbe affatto sfigurato ‘Her Solitude’), e ovviamente il disco di ‘Into Hiding’ e ‘Black Winter Day’, però rende bene l’idea di fondere passato e presente con una musicalità che ha sul serio dell’incredibile. In attesa di dare alla stampe il successore di ‘Queen Of Time’ e di tornare in tour, gli Amorphis hanno pubblicato ‘Live At Helsinki Ice Hall’ e un boxset in vinile mentre Esa Holopainen ha potuto coronare il suo sogno e mettersi in gioco in veste solista. Per fare centro al primo colpo si è rivolto ad un nome tutelare della scena finlandese come Nino Laurenne, chitarrista dei Thunderstone e proprietario dei Sonic Pump Studios che ricordiamo anche per aver reso credibile ‘Fuel My Fire’ di Ari Koivunen, e ha invitato al suo capezzale artisti del calibro di Jonas Renkse (Katatonia), Anneke Van Giersbergen (The Gathering), Einar Solberg (Leprous), Björn Strid (Soilwork) e naturalmente Tomi Joutsen. Per non farsi mancare nulla ha poi voluto con sè due personaggi meno conosciuti dalle nostre parti ma assolutamente iconici in patria come Håkan Hemlin e Vesa-Matti Loiri ed il risultato è davvero spettacolare. Ogni pezzo risulta diverso dall’altro e racconta una storia diversa, propone dinamiche diverse e si muove in modo del tutto unico tra progressive, psichedelia e metal. Oltre alle parti di chitarra e tastiera, colpiscono alcune fughe melodiche che riportano alla mente gli anni ‘70 così come la musica classica e folk in generale ed appare subito evidente come David Gilmour e Steven Wilson siano due punti di riferimento importanti. La glacialità e la malinconia della Lapponia viene descritta a meraviglia con nove composizioni vibranti, intense e mai scontate tra le quali spiccano ‘Ray Of Light’ e ‘Fading Moon’. Una volta che la routine degli Amorphis sarà ripresa con la regolarità di prima, è probabile che ci sia poco spazio per questo progetto e sarebbe un peccato perché un esordio discografico di questo spessore meriterebbe quanto prima un successore del medesimo livello qualitativo.