'No Destroyer' inizia come un disco di Cat Power, ma poi progressivamente si incupisce, si storpia e si sporca di petrolio. In tal modo la voce pazzesca di Giulia Parin Zecchin emerge ancora più limpida e può condurre l'ascoltatore dove meglio crede. A tratti 'No Destroyer' si avvicina a territori sonori cari a Zola Jesus, in altri frangenti pare di essere al cospetto delle distorsioni gotiche di Lingua Ignota o Anna von Hausswolff, però Julinko è un progetto talmente elitario e prezioso che merita di essere pregiato della sua unicità. Melodie ataviche e inquietudine accompagnano verso la pace dei sensi e non si ha mai la sensazione netta di essere in prossimità di una sorta di purificazione oppure al momento appena precedente ad un disintegrarsi, fisico e emotivo. Le differenze con 'Nèktar' sono sostanzialmente due. La prima è che questo mini album è stato composto in solitudine e l'artista veneta non ha una band di doom psichedelico alle spalle. La seconda è che si fatica a trovare un brano che spicca o percuote più degli altri, quando invece la litania diviene fortissima nella sua completezza e si viene travolti da una poesia che non sembra avere mai fine. I ritratti di Linda De Zen raffigurano a meraviglia le visioni multiformi di una delle protagoniste più talentuose della scena musicale italiana degli ultimi anni.