Il compositore e sperimentatore norvegese, di origini tailandesi e trapiantato da anni a Londra dove possiede il Society Club, gioca tra teatro, Nick Cave, Lou Reed e Syd Barrett. Ama il pianoforte, la chitarra acustica, il cerone con cui gli attori ed i clown si dipongono gli occhi ma soprattutto ama entrare nel cuore delle persone che lo ascoltano. Il suo primo album autoprodotto è un gioiello di cantautorato underground e moderno, così puro che sarebbe un peccato farlo sporcare da un produttore mainstream. Allo stesso tempo mi piacerebbe vedere Erik Brudvik pubblicato ovunque, sui media che fanno trend e sulle riviste che contano, perché la sua musica è magnifica. In scaletta si passa da momenti introspettivi a sequenze melodiche cinematiche, da canzoni che in veste rock potrebbero fare esplodere qualsiasi locale di musica dal vivo ad altre che riflettono una ricerca sonora e letteraria da bohemien. Le collaborazioni con Lulu Gainsbourg, Lanah P e Andy Bell degli Erasure, oltre a quella col poeta Chip Martin che appare in diverse tracce (tra cui l'intrigante 'Female Rimbaud'), hanno permesso a Brudini di farsi un nome nella comunità londinese ma 'From Darkness, Light' è il manifesto di un'urgenza compositiva che merita di essere conosciuta dappertutto. 'Roselight' apre le danze prima della macabra 'Nightcrawler' e di 'Hunger', uno degli apici in scaletta. La psichedelia illumina 'Emotional Outlaw' mentre 'Pale Gold' e 'Everything Is Movement', nonostante duri oltre sei minuti, sono forse gli episodi che consiglierei di ascoltare per un approccio disincantato alla sua musica.