Mi è bastato poco per comprendere che quest’album rappresenta un segnale di rinascita. Anzi, scusate il gioco di parole, di resurrezione. Questo perché, negli ultimi quindici mesi, il rapper e produttore diventato celebre grazie ai Linkin Park si è trovato in una doppia situazione di blocco. Prima ha dovuto capire se continuare o meno l’avventura con la sua band principale e, ancora più difficile, decidere se trovare davvero un sostituto di Chester Bennington. Poi è arrivato il Covid-19 e l’atmosfera si è fatta ancora più pesante, con l’impossibilità di esibirsi dal vivo. ‘Open Door’, che avrebbe potuto benissimo stare sul discusso ‘One More Light’, introduce alla grande un album quasi totalmente strumentale che l’artista di origini giapponesi, cresciuto nel sobborgo losangelino di Agoura Hill, ha realizzato collaborando con i propri fan attraverso il suo canale Twitch. Appare subito chiaro che il successore di ‘Post Traumatic’ è un lavoro sperimentale, nel quale probabilmente sono stati inserite bozze di pezzi presenti in archivio e nuove idee. Di sicuro ‘Dropped Frames, Vol. 1’ non annoia; al contrario sembra a più riprese di trovarsi al cospetto di una sorta di giochetto di produzione, pensato come un flusso di coscienza sonoro. In tal senso, ‘El Rey Demonio’, ‘Channeling, Part. 1’ (che vede la partecipazione del batterista avantgarde jazz israeliano Dan Mayo) e ‘Booty Down’ sono passaggi interessanti, che vale la pena approfondire.