Uno dei pochi aspetti positivi dell’emergenza sanitaria in atto è la possibilità di stare a casa ed ascoltare dischi che si sono trascurati o che abbiamo addirittura messo da parte, pensando che non facessero per noi. In passato i The Devil Wears Prada avevano mostrato buone idee ma alla lunga mi avevano annoiato e devo confessare che avevo archiviato ‘The Act’ aspettandomi l’ennesimo copia ed incolla di ‘With Roots Above And Branches Below’. Tra una serie televisiva e l’altra ho avuto modo di mettere ‘The Act’ nel lettore cd e sono rimasto prima stranito e poi allibito dalla bellezza di questo disco. Pur non essendo il mio genere preferito, il metalcore ha subito numerosi cambiamenti in questi anni e le sperimentazioni con l’elettronica e col pop hanno regalato spunti interessanti ma anche brutture epocali. La novità più significativa in casa del gruppo originario dell’Ohio è l’ingresso definitivo in line-up di Giuseppe Capolupo, che pesta duro dietro le pelli dal primo all’ultimo minuto, e Jonathan Gering, il cui contributo ai synth è altresì fondamentale. Quello che mi piace maggiormente di ‘The Act’ è che non è strutturato come un disco metalcore. Al contrario è un disco rock a tutti gli effetti con retaggi hardcore-punk e metal, stacchi strumentali vorticosi, tanta elettronica ma arrangiamenti essenziali e diretti come nei migliori dischi rock. Magari il messaggio non verrà capito e qualche fan della prima ora non approverà la loro mossa ma Mike Hranica e Jerome DePoyster non avevano mai cantato così bene e pezzi come ‘Chemical’ e ‘The Thread’ sono tra gli apici in carriera.