Il trio californiano definisce la propria proposta come slow-core intinto di post-punk e, al di là di quanto possano essere risibili certe definizioni, in questo disco troverete atmosfere shoegaze che vi costringeranno a tornare indietro nel tempo agli albori degli anni ‘90. Senza volere accusare i Gold Cage di derivazione, è inevitabile commuoversi quando partono ‘Halcion’, ‘What Is Left’ o ‘Shadows’. Ci si sente parte di un’armonia degli Spacemen 3 o di un crescendo melodico degli Slowdive o dei Ride. Molto si deve alla voce di Cole Devine, che suona anche la chitarra, ma la scaletta è ricca di sorprese e tutta la band, completata dalla bassista e cantante Mony Katz e dal batterista Sage Ross, gira a meraviglia. Un parallelo si può tracciare pure con i Postcards anche se la voce femminile distingue in maniera più emblematica i libanesi ed impedisce un paragone equilibrato. Le registrazioni si sono svolte al Camelia Sound Studio di Los Angeles, sotto lo sguardo attento di Franky Flowers, e ‘Repeater Kember’ e ‘Introduce My Mind’ sono altri due passaggi che meritano la vostra fiducia. Una bella sorpresa, in attesa di ascoltare il terzo lavoro in studio degli I Break Horses.