Ne è passata tantissima di acqua sotto i ponti da quando Doug Aldrich iniziò a farsi notare con i seminali Lion. Da allora il chitarrista ha accumulato esperienze e progetti di ogni tipo. E’ passato dall’essere sodale di David Coverdale nei Whitesnake ad uomo perno del progetto The Dead Daisies, senza dimenticare gli ottimi Burning Rain. I Revolution Saints, composti anche da Deen Castronovo e Jack Blades, sono un’altra sua creatura che vive di propria luce dal 2014 e che all’alba del 2020 dà alla luce il suo terzo lavoro, prodotto dal nostrano Alessandro Del Vecchio che nel caso di specie suona anche le tastiere. I tre veterani non si discostano da quanto fatto in precedenza. Canzoni molto orecchiabili con un massiccio uso di tastiere in alcuni casi come in ‘Price we pay’ in cui il solo di chitarra di Aldrich è qualcosa di fantastico. Ci sono i pezzi che rimandano decisamente agli anni 80, (‘Coming Home’ e ‘Win or Lose’), e le classiche ballate da classifica (‘Eyes of a child’) che, forse, hanno il difetto di essere fuori tempo. Il tutto è condito dalla giusta classe che contraddistingue questa band e ‘Million Miles’, con il suo bel coro, ne è il manifesto più lampante. Non ci sono picchi verso il basso, ma neanche culmini di ispirazione massimale in questo cd che scorre via piacevole come una serata retrò che tanto fa tendenza in questi ultimi anni. In pratica ‘Rise’ è un buon disco che si va ad incastrare alla grande con quanto fatto da questa band nel corso della sua breve, ma limpida, carriera.