Per la potenza dei primi dischi e l’intransigenza del loro approccio compositivo, i canadesi sono considerati tra i pionieri del deathcore e questo ha permesso loro di tornare nei negozi con ‘Beast’, dopo sette lunghi anni di silenzio discografico, senza intaccare troppo la fanbase. Adesso quella continuità che era stata auspicata pure nella fase di promozione del precedente lavoro in studio è stata tradotta in una scaletta che non aggiunge nulla di nuovo alla carriera del gruppo e che non sfrutta appieno le potenzialità di un concept sul luogo che il Cristianesimo ha posto a metà tra il Paradiso e l’Inferno. L’idea dei Despised Icon è quella di rappresentare l’esperienza mortale di sentirsi intrappolati in uno stato di sofferenza, condizionati da gravi perdite e cicatrici permanenti ma, nonostante il missaggio di Christian Donaldson dei Cryptopsy e la superba prova di Alex Erian (batterista e cantante che ricordiamo con Obey The Brave, The Crimson Syndicate e pure Ion Dissonance) e Steve Marois (frontman ex Apocalyptic Scrypt), le canzoni non si ergono al di sopra della sufficienza. Troppe soluzioni ritmiche si rifanno agli esordi e molti breakdown finiscono per appiattirsi dopo un paio di ascolti. ‘Light Speed’, ‘Vise D’Anges’ e ‘Apex Predator’ non sono male ma da una band del genere è lecito aspettarsi parecchio di piu’.