Ogni volta che esce un nuovo album della formazione thrash di origine filippina per il sottoscritto è un sussulto. Tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ‘90 ho amato alla follia i Death Angel ed in seguito ne ho apprezzato il coraggio quando si sono riformati, dopo diverse difficoltà, e si sono rimessi in gioco misurandosi col metalcore, il groove metal e le nuove tendenze in ambito estremo. Mark Osegueda ha evoluto il suo stile per stare al passo coi tempi eppure la base è rimasta la solita ovvero un thrash aggressivo ed eclettico, caratterizzato da riff potenti, parti soliste in quantità ed un approccio ritmico più che mai versatile. Il successore di ‘The Evil Divide’ è un album che appare fin da subito più tirato e live oriented, intenso, progressive, a tratti nervoso ma capace di regalare melodie ad effetto, stacchi acustici e arrangiamenti epici. Rob Cavestany e Ted Aguilar formano un’invidiabile coppia di chitarristi e Jason Suecof (Trivium, Deicide) ha saputo tirare fuori il massimo da questi musicisti che non hanno smesso di credere nelle loro radici e nei valori alla base del thrash metal. Nemmeno il tempo di ammirare la copertina realizzata da Brent Elliott White (Lamb Of God, Megadeth) e la title track esplode nello stereo trasmettendo la sensazione di un impatto ferale ed un muro di chitarra, basso e batteria che non sarà facile da abbattere. ‘Divine Defector’, ‘Aggressor’ e ‘Immortal Behated’ (in cui Will Carroll si supera davvero dietro le pelli) sono pezzi scritti appositamente per la sede live ma i veri apici coincidono con ‘I Came For Blood’, che riassume un po' tutte le caratteristiche sonore della nuova era della band, e ‘The Pack’, che addirittura mi ha riportato con la mente all’epoca dei The Organization.