Visti di supporto ai Vök, questi enigmatici ragazzi promettono di sconvolgere il panorama industrial con un ibrido tra arte visiva, teatro ed elettronica che non conosce eguali. Ad un primo e superficiale impatto ho pensato a qualcosa sulla falsa riga degli How To Destroy Angels, il progetto parallelo di Trent Reznor dei Nine Inch Nails con Mariqueen Maandig e Atticus Ross, e quando le atmosfere si sono fatte improvvisamente cupe il pensiero è volato agli islandesi Ayia, che tanto hanno stupito all’ultima edizione di Iceland Airwaves. Sono stati sufficienti però pochi minuti per rendermi conto di quanto personale e coraggiosa sia la proposta dei milanesi. La cantante di origini iraniane Nava Golchini ha conosciuto il produttore e arrangiatore Francesco Fugazza mentre studiava musica in Italia e, con l’ingresso in formazione di Elia Pastori e Marco Fugazza, si è a poco a poco sviluppata una visione artistica estremamente complessa e intrigante. “Uno stile cadenzato da suoni industrial e produzioni elettroniche selvagge e mutevoli, il tutto tenuto insieme dalla voce sinuosa e dall’acuto lirismo della cantante” con inevitabili riferimenti alla cultura mediorientale. ‘Camera’ è in realtà un’anticamera, una composizione che serve ad introdurre l’ascoltatore nei meandri di un suono viscido e cosmopolita. ‘Flesh’ è un colpo al cuore, una ferita che non si potrà rimarginare e che il cantato finisce per rendere più profonda e letale. ‘Bones’ e ‘Ritual’ sono poi due assoluti capolavori, due pezzi intensi e provocatori che già da ora spingono i Nava a livelli altissimi e internazionali. Un ascolto emozionante e contagioso che trasmette il desiderio impellente di vedere un loro spettacolo dal vivo.