Non hanno alcuna intenzione di cambiare il mondo ma si candidano ad essere una delle rivelazioni dell’anno in ambito electronic rock europeo. In questo frangente storico la scena austriaca ci sta regalando soddisfazioni, prima con i Leyya e poi con gli At Pavillon, e la creatura di Nikklas Pilcher che ha cercato di tirare fuori il massimo da un materiale in grado di far riflettere e disturbare i pensieri di chi ascolta, pur lasciando vibrazioni positive quando ‘The Key’ sfuma nel silenzio. Il trio viennese ha compiuto progressi enormi rispetto all’EP di esordio ‘GodGiven’ e adesso è in grado di gestire le influenze di James Blake, Bon Iver e Radiohead in maniera molto più matura. Il suono dell’album è tecnologico e orientato verso il futuro ma allo stesso tempo caldo e accogliente. In scaletta troviamo ballate come ‘From Beginning’ e pezzi più diretti e pensati per la dimensione live quali ‘Winter II’ e ‘Get Me Anywhere’ nelle quali emerge il ruolo importante di Patrick Pillichshammer e Lukas Staudinger. Tra leggi della vita e il mito di Audrey Hepburn. Ne approfitto per andarmi a rivedere Gli occhi della notte, magari con ‘Metaphor’ in sottofondo.