Avendo consumato il “pure heavy rock” di tre anni fa, quando ho saputo il titolo del nuovo album dei norvegesi mi è venuto da sorridere e ho subito pensato ad un omaggio agli Scorpions. Per certi versi è così perché anche stavolta il supergruppo che vede tra le sue fila due asce come Arve Isdal (Enslaved) e Thomas Tofthagen (Sahg) dà sfoggio del suo amore per il glorioso periodo tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta che ha visto l’hard rock dominare le classifiche di tutto il mondo. Rispetto al lavoro in studio precedente però ‘Blackout’ appare più pulito, diretto e sfacciato; a tratti gli Audrey Horne puntano su un approccio radiofonico (‘Audrevolution’ e la title track) dichiarato ed in altri casi cercano di muoversi su territori più aggressivi. É il caso della opener ‘This Is War’ che cita apertamente Children Of Bodom e Black Sabbath oppure di ‘Midnight Man’ che avrebbe potuto essere benissimo sul debutto. Il cantato di Torkjell Rød è più vario e coraggioso e scorrendo la scaletta, soprattutto nel finale, è possibile imbattersi in arrangiamenti elaborati e dilatati. ‘This One’ è impreziosita da un Hammond, ‘Light Your Way’ cita The Who e Deep Purple senza troppa vergona, ‘Satellite’ è un singolo da paura e ‘Naysayer’ recupera il vigore NWOBHM di inizio album.