-Core
Ulcerate
Nuova Zelanda
Pubblicato il 24/07/2020 da Lorenzo Becciani

‘Stare Into Death And Be Still’ è un altro grande capitolo della vostra discografia. Quanto è cambiata la visione in tutti questi anni?
Non direi che la visione sia cambiata troppo anche se ovviamente si è evoluta nel corso della nostra carriera. I principi sono i soliti, scrivere e suonare death metal proprio come ci piace ascoltarlo, senza compromessi o pescando da influenze esterne o chissà quali suggestioni, ed un controllo quasi totale di tutte quelle che sono le sfaccettature di una band. Siamo cresciuti negli anni e logicamente siamo stati costretti a demandare qualcosa, ma negli ultimi tempi abbiamo cercato di rendere tutto il più puro possibile.

É stato difficile iniziare un nuovo processo compositivo dopo un capolavoro come ‘Shrines Of Paralysis’?
Sicuramente è stato lento perché all’inizio abbiamo dovuto rivalutare e mettere alla prova i nostri istinti primordiali che sono alla base dell’approccio sonoro degli ultimi cinque album. Così per circa 6-8 mesi non abbiamo scritto molto ma abbiamo sperimentato con alcune idee per vedere quanto saremmo stati in grado di spingerci fuori dai nostri territori abituali, pur mantenendo l’identità della band. Alcuni di questi esperimenti erano troppo lontani o al contrario non lo erano abbastanza e per questo abbiamo dovuto cercare la giusta via di mezzo.

Qual è la traccia chiave? Non necessariamente la migliore ma quella che ha guidato tutto il processo..
La title track è stata la terza canzone che abbiamo scritto e la prima che abbiamo scritto in maniera totalmente naturale. È stata pure la prima in cui abbiamo scoperto quella sensibilità melodica che stavamo cercando e che ci ha spinto a lavorare di nuovo sulle prime due che avevamo composto fino a quel momento.

Qual è stata la più difficile da registrare?
In tutte le tracce c’è qualche momento complesso.

Cosa desideravate migliorare o cambiare in termini di produzione e missaggio stavolta?
Volevamo un approccio meno noise, che aveva dominato sia ‘Vermis’ che ‘Shrines Of Paralysis’. Col nuovo materiale non andava bene e quindi abbiamo cercato spazio in profondità, piuttosto che sottomettere l’ascoltatore e prenderlo a pugni fin dall’inizio. Abbiamo pure discusso a lungo sulla ricerca di nuovi "ruoli" per gli strumenti – il basso è dominante nelle ritmiche e l’approccio della batteria è meno offuscato. Abbiamo messo davanti la potenza al caos. Penso che alla fine il sound che abbiamo ottenuto sia quello che personalmente ascolto con piacere. Ciò non era sempre accaduto in passato.

Le liriche sono profonde e davvero interessanti. Puoi analizzare un paio di versi dell’album: “Sink deeper into abyss, buried under the flaws we disown. Starved of breath and fearing the detachment from all, submit to unseen tyranny” e “Bow before your doubt within the prison of a frail shell. Embrace the condition of hopelessness from eminence that will never be..”.
Ecco alcune parole di Paul: il primo verso è della title track e riguarda un certo senso di perdita, disconnessione e paura che proviamo nella vita quando ci confrontiamo con la morte e la distruzione che ci circonda. Nello specifico il passaggio va letto in comune con la fine del pezzo che segue e che descrive momenti di paralisi e confusione. Il secondo verso è da ‘Drawn Into The Next Void’ e descrive chi è alle prese con la brevità e la fragilità della vita - la canzone completa la esplora l’argomento nel dettaglio e può essere letta in tale contesto.

Perché siete passati da Relapse Records a Debemur Morti Productions? Com’è stata la transizione tra le due etichette?
Siamo giunti al punto in cui vogliamo lavorare solo con persone con cui siamo allineati fortemente dal punto di vista concettuale ed artistico. Non fraintendetemi, Relapse ci ha trattato ai più alti livelli di professionalità e passione e le persone con cui abbiamo lavorato sono nostri amici, ma abbiamo sentito una forte spinta, soprattutto negli ultimi anni, a cambiare e muoverci verso un allineamento più profondo. Debemur Morti Productions ci aveva proposto di collaborare diversi anni fa quindi quando abbiamo valutato se rinnovare con Relapse o esplorare nuove situazioni, è stata una decisione naturale. Dopo aver incontrato Phil, il proprietario della label, abbiamo capito che sarebbe stata una scelta logica per noi.

Credo che Debemur Morti Productions sia uno dei migliori esempi della ottima direzione in cui il metal estremo si sta muovendo. Quali nuovi territori potrebbero essere esplorati dai musicisti death nei prossimi anni?
Lo scopo è estremamente ampio in termini di creatività, come del resto è sempre stato. Nel black metal contemporaneo c'è un livello di maturità e raffinatezza che può essere esplorato all'infinito, temi ed espressioni più profondi, più scuri. C'è assolutamente un substrato sotterraneo nella scena underground di oggi in cui viene scritta musica estremamente avvincente, e questo permette di evitare i paradigmi tradizionali che hanno infettato il metal estremo in senso più ampio.

L’artwork è sempre molto importante per un disco ed il vostro è fantastico! Chi l’ha creato? Cosa volevi esprimere con tale immagine?
Ti ringrazio. Seguo la creazione del nostro materiale visuale ed il motivo è che desidero rappresentare in maniera perfetta quello che vedo e sento a livello sonoro e lirico. Non è tanto importante in termini figurativi quanto per trasmettere l’appropriata atmosfera e completare l’intero progetto. Non c’è niente di peggio che un grande disco con una copertina terribile.

Pensi che vivere in Nuova Zelanda sia più un vantaggio o uno svantaggio per la band? Avete mai pensato di spostarvi da qualche altra parte?
Storicamente è sempre stato percepito come un ostacolo anche se di recente abbiamo trovato dei benefici. Gli amici che sono cresciuti attorno alla nostra scena hanno sviluppato un modo unico e specifico di scrivere musica e suonare dal vivo e ciò ha reso il movimento molto più personale. Le difficoltà rimarranno sempre. Dal punto di vista economico, il nostro è un progetto basato sulla passione ma ogni tour diventa più semplice da organizzare. Abbiamo operato fin dall'inizio con questa mentalità e avere carriere lavorative al di fuori della band ci consente di mantenere le nostre decisioni lontane da qualsiasi forma di materialismo.

(parole di Jamie Saint Merat)

Ulcerate
From Nuova Zelanda

Discography
Of Fracture and Failure (2007)
Everything Is Fire (2009)
The Destroyers of All (2011)
Vermis (2013)
Shrines of Paralysis (2016)
Stare into Death and Be Still (2020)