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Nimh
Italia
Pubblicato il 02/04/2008 da Lorenzo Becciani

(segue)

Che strumentazione hai utilizzato per comporre e registrare l"album ?
La strumentazione è molto varia, anche perché, a parte strumenti "classici" come la chitarra elettrica e sintetizzatori (fisici e software), gran parte dei suoni provengono da pesanti rielaborazioni di materiale sonoro di origini disparate. Suoni di strumenti etnici a fiato, a corda e a percussione, per lo più thailandesi  (di cui non ti faccio l"elenco, che sarebbe peraltro molto lungo, poiché si tratta di strumenti  poco diffusi il cui nome è sicuramente sconosciuto ai più), registrazioni ambientali effettuate in vari luoghi e in varie circostanze, voce, semplici oggetti di legno e metallo in vario modo sollecitati per estrarne suoni... Aggiungo inoltre che spesso non ricordo neanche io le origini esatte di tutti i suoni che utilizzo, in quanto negli anni ho piano piano archiviato sul mio computer una vasta quantità di registrazioni dalle quali spesso "attingo" durante la composizione dei brani e la realizzazione dei miei album. Possono essere parti più complesse e "suonate" o singoli brevi suoni, drones, fondi, elaborazioni di più sorgenti sonore mixate, filtrate e rielaborate attraverso effetti applicati via software.

Sei un amante del didjeridoo. Vuoi descriverci le sue potenzialità maggiori ?
Il didjeridoo è uno strumento straordinario, e ne ho fatto ampio uso soprattutto molti anni fa, in particolar modo in "Tjukurpa", registrato nel 1999, un album interamente eseguito al didjeridoo con aggiunta di suoni di synth e campioni di voci etniche. In seguito è comparso in modo molto più occasionale e "mascherato" all"interno dei miei CD, seppure ho invece utilizzato spesso il didjeridoo nelle collaborazioni con altri artisti. In tempi molto recenti nel fantastico  "Il Tempo Del Sogno", di Stefano Scala e in "Voci" dei Timelines (con Claudio Ricciardi, Mino Curianò, Simone Fiaccavento, Davide Riccio), ma anche in "Un"Estate Senza Pioggia" di Hue, in "Blue Outlines" di Claudio Ricciardi e "The Blind Watchmaker" di Mana Erg. Ho conosciuto il didjeridoo molti anni fa attraverso album come "Dreamtime Return", di Steve Roach e "Australia", sempre di Steve Roach con David Hudson e Sarah Hopkins; riuscii allora con non poca difficoltà a reperirne uno (peraltro in bamboo) e imparai a suonarlo da autodidatta. Seppure il didjeridoo ha caratterizzato e segnato profondamente per alcuni anni un certo tipo di musica ambient-rituale, e cito ancora  tra gli altri Steve Roach, Vidna Obmana, Amir Baghiri, Lights in a Fat City, debbo dire che il didjeridoo che tutt"ora mi piace maggiormente ascoltare è quello della tradizione etnica aborigena. Sicuramente il didjeridoo è uno strumento molto versatile, che può essere utilizzato in vario modo e può accostarsi egregiamente a molti altri strumenti in vari ambiti musicali, ma credo che il suono di un buon didjeridoo, o più precisamente di un buon Yidaki, messo nelle mani (o meglio, appoggiato alle labbra...) di un buon suonatore nativo australiano sia quello che più di ogni altro è in grado di "catturare" e "ipnotizzare" l"ascoltatore. Non che manchino esempi di ottimi suonatori occidentali, e in "casa" nostra potrei senz"altro citare Andrea Ferroni, un vero virtuoso dello strumento. Ma al di là delle pur straordinarie capacità tecniche nel saper utilizzare in modo versatile il didjeridoo, credo che questo strumento sia in grado di esprimere il meglio di sé solo tra le mani di un aborigeno australiano, in contesti che si riallaccino alla tradizione di un popolo che, grazie all"uomo bianco, stenta purtroppo a sopravvivere e a mantenere intatti persino gli ultimi residui scampoli di una cultura millenaria ormai prossima ad essere definitivamente cancellata.

Quali sono le collaborazioni che ti hanno maggiormente arricchito in tutti questi anni ?
Senz"altro quella con Maurizio Bianchi/M.B., quella con Andrea Marutti/Amon da cui è nato il recente progetto Hall Of Mirrors, quella con Nefelheim, e aggiungerei il sodalizio artistico, ormai mutato da anni in una consolidata e duratura amicizia, con Claudio Ricciardi, ex membro della storica formazione vocale Prima Materia di cui fecero parte anche artisti quali Roberto Laneri e Alvin Curran.

"Oltre Il Suono" è lo strumento che utilizzi per rapportarti alla rete ?
Il sito Oltre Il Suono nacque quasi per gioco e senza grandi pretese nel 2001, con l"intento di promuovere attraverso la rete le prime produzioni indipendenti di musica italiana in ambito ambient-elettronico-sperimentale. Con il tempo è cresciuto ed è diventato un punto di riferimento importante in Italia per quanto riguarda l"informazione relativa a questo specifico settore musicale. Attraverso Oltre Il Suono ho conosciuto molti artisti, responsabili di etichette di produzione, giornalisti, semplici appassionati di musica. Purtroppo impegni personali di vario genere ultimamente mi consentono di dedicare ad esso sempre meno tempo, ma nonostante tutto cerco di mantenere il sito sempre attivo e aggiornato, ritagliandomi comunque degli spazi di tempo per ascoltare nuovi dischi, selezionare tra essi quelli che mi colpiscono di più e farne recensioni che pubblico periodicamente sul sito.

Che rapporto hai con la religione ?
E" una domanda che mi è stata fatta molte volte. Personalmente credo di essere sempre stato piuttosto "impermeabile" alle influenze provenienti dall"universo religioso. Non che ci tenga particolarmente a professarmi ateo, né men che mai ho pregiudizi nei confronti di chi, differentemente da me, abbia maturato nel tempo più o meno profonda fede religiosa. Più semplicemente la religione è un tipo di argomento che non mi ha mai attratto più di tanto, è molto distante dalla mia indole, non mi interessa particolarmente, e conseguentemente a ciò non ho neanche conoscenze troppo approfondite in merito. Ovviamente sono sempre aperto al confronto, e a raccogliere e fare mio tutto ciò che di buono, in termini di esempi, messaggi, pensieri, possa venire dall"universo religioso. Pur non avendo mai aderito a nessuna dottrina religiosa specifica credo infatti in quella che può essere definita una mia personalissima forma di spiritualità interiore, la quale però non  nasce dall"assoggettamento passivo e incondizionato a regole e dogmi predefiniti da questa o quella religione, quanto piuttosto dall"esperienza della vita quotidiana e dal progressivo maturare di convinzioni, pensieri, principi etici, morali che nel tempo ho fatto miei e cui cerco di rimanere coerente e in qualche modo "fedele", seppure tutto ciò è evidentemente qualcosa di molto diverso da un concetto di "religiosità" intesa nel senso tradizionale del termine. Del resto, se da una parte trovo personalmente una "debolezza" il fatto di accettare di aderire passivamente a schemi ideologico/comportamentali predefiniti da qualcuno, che siano di tipo religioso o, per estendere il discorso, anche di tipo politico, non posso non riconoscere che tale aspetto può talvolta invece rivelarsi un vero punto di forza. Pensando ad esempio ai recenti e tristi avvenimenti in Tibet, una nazione che da decenni è stata occupata militarmente, arbitrariamente annessa alla Cina, e successivamente "cinesizzata" massicciamente anche attraverso stragi, violenze, deportazioni e violazioni dei più elementari e universalmente riconosciuti diritti umani, mirando all"annientamento anche "fisico" del popolo tibetano e della sua tradizionale cultura, c"è da osservare come, grazie proprio alla profonda fede religiosa che costituiva il perno fondamentale su cui era fondata la stessa società e cultura tibetana, essa si è mantenuta fortemente radicata nel cuore dei tibetani, e non è stata cancellata né indebolita neanche da decenni di dominio cinese e di violenta e ininterrotta repressione.  Per concludere, credo che l"essere fondamentalmente"esterno" alle questioni di tipo religioso mi consente di guardare ad esse con maggiore serenità, lucidità, chiarezza, obiettività, indipendenza, in modo assolutamente scevro da pregiudizi, positivi o negativi che siano, e di riconoscere, di volta in volta, ciò che in esse c"è di positivo o di meno condivisibile.

Quali sono i tuoi prossimi progetti ?
Di progetti concreti già in qualche modo in corso ce ne sono fondamentalmente due.  Il primo riguarda il secondo album degli Hall Of Mirrors  in collaborazione con Andrea Marutti/Amon, progetto che, in questa specifica occasione, si avvarrà anche della collaborazione di Andrea Freschi/Subinterior e di Andrea Ferraris.  Il secondo invece è un progetto di raccolta, recupero, re-editing, ampliamento e remastering di vecchio materiale di matrice drone-ambient-etnica che è stato solo in piccola parte pubblicato, e solo su CD-R, da etichette ufficiali (mi riferisco al mini "Lanna Memories" uscito nel 2002 per Taâlem), e in gran parte invece realizzato esclusivamente come piccola autoproduzione artigianale "casalinga", mai pubblicato e quindi mai distribuito attraverso canali ufficiali (mi riferisco a "Distant Skylines" del 2001). Tutto questo materiale, che considero particolarmente rappresentativo e significativo per quanto riguarda la mia attività artistica, sarà completamente rivisto, rilavorato, ampliato e "riorganizzato" in un unico album, il cui titolo sarà probabilmente "Travel Diary", che conto poi di far pubblicare in veste "ufficiale" e su supporto CD da qualche valida etichetta del settore.

L"ambizioso "Sator" avrà un seguito ?
Di fatto "Sator" ha già avuto un seguito, che ha visto la luce attraverso "Reflections On Black" pubblicato sempre in collaborazione con Andrea Marutti/Amon a nome Hall Of Mirrors".  Come spiegavo poco sopra il secondo capitolo  è in fase avanzata di realizzazione e dovrebbe intitolarsi "Forgotten Realm".

Nimh dal vivo è qualcosa di consistente ? Hai delle idee in merito ?
Da come avrai forse compreso, quando poco fa ti descrivevo il mio "modus operandi" per quanto riguarda la realizzazione della mia musica e dei miei CD, appare abbastanza chiaro che questa stessa musica, nata fondamentalmente in studio, con registrazioni effettuate in tempi e modi diversi, rielaborate e miscelate tra loro in momenti successivi, per lo più attraverso un sofisticato software di editing e montaggio audio, non può essere agevolmente ed efficacemente riproposta dal vivo in una forma che sia uguale o quanto meno simile all"originale, se non adottando "espedienti" che sinceramente trovo un po" "disonesti"e poco gratificanti da utilizzare, quale ad esempio mandare in esecuzione delle "ricche" basi preregistrate su CD (o attraverso un computer), e intervenire solo in minima misura con parti suonate effettivamente "dal vivo". Per poter proporre delle performance dal vivo che siano effettivamente definibili tali dovrei quindi stravolgere completamente il mio abituale modo di comporre musica e il mio approccio alla realizzazione della stessa, cosa che in tutta onestà non mi sento di fare perché, molto semplicemente, è una cosa che non mi attrae e non mi interessa più di tanto. Peraltro debbo aggiungere che sono piuttosto contrario, almeno per quanto mi riguarda, e per quanto riguarda lo specifico genere musicale che propongo, a prendere in considerazione esibizioni  live in contesti che non siano in grado di garantire delle condizioni d"ascolto quanto meno ragionevoli per chi dovrà assistere al concerto e delle condizioni di spazio, ordine, amplificazione, acustica e organizzazione accettabili per me e per i miei eventuali collaboratori. Per intenderci non proporrei una mia performance live in un pub, tanto per fare un esempio, o in un cortile universitario, sulla terrazza di un condominio o in una stanza di un inadeguato centro sociale dove è presente gente che parla, mangia, beve, fuma, e magari si trova lì per caso e non perché venuta intenzionalmente ad assistere alla performance. Le rarissime volte che ho scelto di suonare dal vivo, peraltro sempre in formazione con altri amici/musicisti, ho accettato di farlo soltanto in situazioni che ritenevo adeguate, quindi potendo sistemare la strumentazione su un palco di dimensioni sufficienti e ragionevolmente attrezzato per poter disporre e utilizzare comodamente tutte le apparecchiature, potendo fruire di un sistema di amplificazione di qualità adatta a "sopportare" e valorizzare la performance, e potendo contare su un pubblico che si fosse riunito in una sala sufficientemente ampia, posizionato su comode postazioni a sedere, con la sola, specifica intenzione di assistere alla performance dal vivo. Mi rendo perfettamente conto che non è facile trovare opportunità di proporre esibizioni dal vivo in contesti che garantiscano condizioni così favorevoli, ma d"altro canto credo che sia estremamente mortificante, e sostanzialmente controproducente per gli artisti stessi e per la diffusione della musica sperimentale di un certo livello e di una certa qualità, accettare compromessi che finiscano per snaturare le ragioni stesse per cui essa dovrebbe essere proposta dal vivo, e cioè renderla fruibile, nella sua forma migliore, ad un pubblico seriamente intenzionato ad ascoltarla con la necessaria attenzione/concentrazione e con sincera partecipazione all"evento.   

Come vedi la tua musica in simbiosi con installazioni di arte contemporanea ?
Riallacciandomi in qualche modo al discorso di cui sopra, in cui spiego quanto dal mio punto di vista sia fondamentale, per un certo genere di musica, poterla proporre soltanto laddove le condizioni di fruizione siano ottimali, è evidente che tali condizioni possono verificarsi soltanto quando, di contorno, non esistano elementi di disturbo o anche semplicemente di distrazione. Credo infatti nella assoluta necessità di poter godere di un ambiente d"ascolto che favorisca attenzione e concentrazione, giacché una musica che, per spiegarmi meglio, non è costruita su orecchiabili melodie/ritmi/canti come ad esempio la musica pop e il rock, ma è costruita piuttosto su combinazioni di suoni particolari e inediti, pause, silenzi, lenti missaggi e dissolvenze, sottili sfumature, quasi impercettibili dettagli, necessita di condizioni d"ascolto molto particolari per poter essere recepita e apprezzata al meglio. Del resto anche quando, semplicemente, desidero fare in casa un ascolto attento di un  CD di musica del medesimo genere, non lo faccio mentre sto mangiando, o lavorando al computer, o mentre parlo con qualche amico, e men che mai utilizzando un impianto di riproduzione che non sia sufficientemente adeguato; di solito siedo comodamente sul divano del mio salotto, in condizioni di massima tranquillità e silenzio, organizzandomi in modo tale da non dover essere interrotto fino a che il CD non sia arrivato a conclusione, e mando quindi in riproduzione il CD attraverso un impianto stereo di buona qualità in grado di valorizzare al meglio il contenuto sonoro di quanto sto andando ad ascoltare. Per questa ragione, pur magari non escludendo il fatto che la mia musica potrebbe potenzialmente essere adatta a sonorizzare installazioni d"arte contemporanea, di fatto in tale contesto andrebbe a svolgere esclusivamente un ruolo di "contorno", fungendo sostanzialmente da "tappezzeria sonora" per un ambiente in cui l"attenzione del visitatore sarebbe probabilmente concentrata sull"installazione, o quanto meno "contesa" tra l"osservazione dell"installazione e l"ascolto della musica di sottofondo. Sinceramente non credo che troverei particolarmente interessante un"esperienza del genere, soprattutto perché credo che esistano in circolazione proposte musicali diverse dalle mie che, per come sono concepite, composte e strutturate, sarebbero senz"altro più adatte ad essere impiegate in contesti di questo tipo. Estendendo il discorso, ci tengo molto a specificare che in un" era in cui l"abbinamento di arti diverse (musica, fotografia, video, grafica, installazioni, danza...) e la multimedialità piuttosto spinta, talvolta addirittura "forzata" direi, sembrerebbe essere diventata quasi un "obbligo" irrinunciabile, quasi una "chiave magica " per aprire le porte alla diffusione delle varie arti, mi trovo (probabilmente in netta minoranza) a professarmi convinto sostenitore di forme d"arte più prettamente "monomediali", in grado quindi di convogliare l"attenzione di chi la fruisce su un unico e specifico soggetto, proprio per poterne cogliere con attenzione, e senza distrazioni altre, tutta la bellezza nelle sue più recondite sfumature, nei dettagli  più nascosti, negli elementi costitutivi che, per quanto davvero fondamentali, possono invece sfuggire se osservati/ascoltati/fruiti con una certa superficialità. Ovviamente queste mie considerazioni non vogliono essere assolutamente rigide, ma attraverso questo discorso voglio mettere in guardia chi troppo spesso si lascia "abbagliare" e affascinare da una apparente "ricchezza" e "abbondanza" estetica/esteriore che in realtà a volte cela soltanto una commistione malamente integrata e scarsamente ponderata di elementi di tipo eterogeneo che, analizzati singolarmente con un minimo di attenzione, evidenziano mediocrità artistica e scarso valore effettivo.

Una lettura che si addice a "The Unkept Secrets" ?
Per evitare forzature, debbo candidamente ammettere che, pensando alle letture degli ultimi anni, non me ne viene in mente alcuna in grado di poter rappresentare o più semplicemente accompagnare efficacemente l"ascolto di "The Unkept Secrets". Questo probabilmente perché leggo quasi esclusivamente letteratura di viaggio, con preferenza per ambientazioni in Asia e Medio Oriente, e questo panorama non è perfettamente sovrapponibile alle sonorità del disco e alle atmosfere che esso intende descrivere ed evocare, se non in piccola parte. Non voglio però sottrarmi completamente alla tua domanda, e quindi citerò ugualmente alcuni titoli di libri che ho trovato particolarmente interessanti e che, in qualche modo, possono avere indirettamente influenzato anche il mio modo di esprimermi attraverso la musica.   Cominciamo con il già citato "Un Altro Giro Di Giostra", di Tiziano Terzani, autore cui ho dedicato l"ultima traccia del CD, ma di cui, prima ancora, suggerirei i titoli "In Asia" e "Un Indovino Mi Disse". Nell"intervista ho anche parlato di Tibet, e su tale argomento suggerirei vivamente "Ritorno Al Tibet" di Heinrich Harrer, "Ama Adhe - La voce che ricorda" di Adhe Tapontsang, e, assolutamente essenziale e chiarificante, "La libertà Nell"esilio" del Dalai Lama. Abbiamo anche parlato di didjeridoo e degli aborigeni australiani, e a tale proposito consiglierei senz"altro "Custodi Del Sogno", di Harvey Arden.  Parlando sempre di tematiche in qualche modo scottanti proporrei ancora "Liberi Di Morire" di Sergio Ramazzotti, a proposito della guerra in Iraq, e "Buskashì" di Gino Strada, sulla guerra in Afghanistan. Sempre sull"Afghanistan, ma di genere molto diverso (si tratta del resoconto di un lungo viaggio), consiglierei vivamente "In Afghanistan" di Rory Stewart, mentre per concludere con una lettura un po" più scanzonata, ma non per questo meno interessante, provate a leggere "In Vespa" di Giorgio Bettinelli, il resoconto di un reale e avventuroso viaggio in scooter da Roma a Saigon.

(parole di Giuseppe Verticchio)

Nimh
From Italia

Discography
Lanna Memories (2002)
Frozen (2002)
The Impossible Days (2004)
Line Of Fire (2005)
Subterranean Thoughts (2005)
The Missing Tapes (2007)
The Unkept Secrets (2008)
Travel Diary (2009)
Krungthep Archives (2011)
This Crying Era (2012)
Black Silences (2015)
Circles Of The Vain Prayers (2016)
Beyond The Crying Era (2019)
Iron And Ice (2022)
Early Electronic Works – Caustic/Composite (2022)