-Core
Infection Code
Italia
Pubblicato il 25/11/2019 da Lorenzo Becciani

Perché ‘IN.R.I’?
Il titolo non ha nessuna connessione con la religione cattolica ne con nessun’altra religione. Mi è sempre piaciuto giocare con le sigle e gli acronimi. Volevo che potesse avere un certo impatto ed allo stesso tempo creare un significato legato ad un determinato periodo vissuto dalla band. ‘In.R.I.’ sta per In.fection R.emains I.nsane. Una frase che richiama il titolo di un album di una famosa band degli anni settanta. Volevo evidenziare questo periodo in cui abbiamo avuto qualche stravolgimento di line-up ma che, nonostante tutto non ha minato la stabilità della band. Anzi ha accresciuto la nostra voglia nel proseguire a scrivere nuova musica guardando il proprio passato. Altri avrebbero lasciato perdere ma noi siamo dei pazzi e continuiamo.

Vuoi chiarirci tutti i cambi di line-up che ci sono stati negli ultimi tempi?
Dopo la pubblicazione di “Dissenso” ci siamo lasciati con Enrico, fondatore della band insieme a Ricky e maggior compositore in questi anni. Ci sono state divergenze artistiche che ci hanno portato ad una separazione amichevole, anzi Enrico è stato disponibile a cercare un altro musicista per coprire le date che avevamo già fissato, trovando in Davide, nostra vecchia conoscenza, un degno sostituto. Dopo alcuni concerti anche Paolo, chitarrista con noi da sei anni, per impegni lavorativi ha deciso di mollare la band. Ricky ed io non ci siamo dati per vinti, ed anche se dopo quasi vent’anni di sudore, sacrifici e tanta merda masticata, ci siamo messi alla ricerca di un chitarrista. Volevamo un musicista che conoscesse il metal estremo, soprattutto quella parte del thrash metal e death metal con cui siamo cresciuti e con cui la band si è confrontata ad inizio carriera. Rust dopo qualche prova è diventato un membro della band. In Sei mesi ci siamo sbattuti come non mai, componendo e registrando “In.R.I.”. Tanto per far capire la nostra voglia di continuare, Ricky, con un lavoro enorme, si è sobbarcato tutto il lavoro di elettronica che un tempo era ad appannaggio di Enrico.

Qual è la formazione che ha lavorato al disco? È la medesima che lo ha registrato?
La formazione che ha creato il disco e lo ha registrato è la stessa. Dopo tutto il processo di registrazione, mixaggio e masterizzazione avvenuto ai The Cat’s Cage Recording Studio sotto la super visione di Francesco Salvadeo, Rust ha deciso di lasciare la band. Una sorpresa per noi. Dopo tutto il sacrificio fatto, ed avere la sensazione di aver trovato una certa stabilità, tutto in un attimo si è disintegrato. Con un disco pronto, una promozione da attuare e tutto ciò che concerne nel preparare delle date live. Ma essendo dei pazzi e duri a morire non ci siamo dati per vinti. Nel giro di una settimana, vuoi per caparbietà, vuoi per fortuna, abbiamo trovato un sostituto che ora fa parte degli Infection Code. Max è un giovane e talentuoso chitarrista che ha militato in svariate bands ma non è mai riuscito ad esprimere al meglio il suo talento. Con noi avrà di che divertirsi. E’ una macchina da riffs. Infatti, pur essendo nel pieno della promozione di “In.R.I.” stiamo già componendo nuove canzoni che andranno a formare il nuovo album.


Cosa desideravate cambiare o migliorare dopo ‘Il Dissenso’?
‘Dissenso’ è nato storto. O meglio non era in parte il disco che volevamo. E’ stato scritto in un periodo dove si percepivano dei cambiamenti. Ricky ed io volevamo portare il nostro suono alle origini della band. Enrico penso volesse espandere ancora di più la ricerca e la sperimentazione verso lidi lontani dal metal o addirittura dal rock. “Dissenso” è stata una via di mezzo che non ha accontentato nessuno. Non è un brutto disco, anzi, penso sia stato il seme che ha germogliato verso ciò che siamo adesso e che saremo in futuro. Diciamo che la componente prettamente metal è un poco più marcata ma non ha quella freschezza che si ritrova in “In.R.I”. Volevamo tornate da dove abbiamo iniziato. Senza più sperimentare per forza ed andare ad avventurarci in luoghi che non ci appartengono per retaggio musicale e anche per nostro gusto. Sin da quando decidemmo di proseguire la nostra storia, ed ancora prima di trovare qualcuno che sostituisse chi se ne andò, Ricky ed io decidemmo che se ci fosse stata altra musica nuova targata Infection Code, doveva essere quella con cui siamo cresciuti, come ascoltatori ma soprattutto come musicisti. Desideravamo fortemente fare un passo indietro e tornare alle nostre origini. Approcciare quel sono con cui ci siamo fatti conoscere agli inizi del millennio, un suono che ci ha rappresentato e con cui ancora riusciamo ad esprimerci al meglio. Non si tratta di rinnegare il passato. Ma di farlo nostro, accettarlo per crescere ancora e guardare al futuro con serenità ed un entusiasmo ritrovato.

L’abbandono o quasi delle sonorità industriali dei lavori precedenti è dovuta ad un cambio di rotta deciso oppure semplicemente all’ingresso dei nuovi membri?
Mi riallaccio alla domanda precedente. Sicuramente è dovuto and un cambio. Non drastico, perché fondamentalmente siamo sempre la stessa band di vent’anni fa, desiderosa di dare una propria e personale interpretazione ad un genere con cui siamo cresciuti e che tutt’ora ascoltiamo ma che cerchiamo di renderlo nostro nel miglior modo possibile. Deciso questo, i nuovi membri hanno portato il loro bagaglio musicale di influenze ed ascolti e la loro esperienza per creare quello che ora è ‘In.R.I’. e quello che saranno i prossimi lavori. Che poi le sonorità industriali non sono state abbandonate, ma solo approcciate in maniera diversa. Con un piglio differente rispetto al passato. Ricky, dopo l’abbandono di Enrico, si è sobbarcato l’onere di comporre ed avere cura dell’elettronica all’interno della band. Nel giro di pochi mesi, con abnegazione e passione, essendo un profondo conoscitore di determinate band tipo Prodigy e Ministry, ha composto tutta l’elettronica presente in ‘In.R.I.’cercando di creare arrangiamenti più asciutti e meno invasivi, rispetto al passato. Un’ elettronica più sul beat, meno psichedelica e meno visionaria. Penso che il risultato sia molto interessante e sinceramente sono curioso di ascoltare cosa potrà tirare fuori per il prossimo lavoro con l’esperienza acquisita in questo periodo.

Quali sono le vostre influenze principali in ambito thrash e death? Ci sono delle band di oggi che vi entusiasmano in tali ambiti?
I nostri ascolti vertono sempre su band che hanno fatto grandi gli anni novanta, ultimo periodo in cui davvero c’è stato qualcosa di fortemente innovativo. Siamo cresciuti con il thrash metal degli Slayer, Anthrax, Megadeth, con il death metal di Carcass, il grind core dei Napalm Death,i primi Sepultura, le incursini cyber thrash dei Fear Factory, Voivod, Godflesh e Ministry, Treponem Pal, Killing Joke, con il crossover dei Korn, Faith No More, l’apocalittica visione rumoristica dei Neurosis e Converge attuata in generi diversi ma con gli stessi intenti. Poi ognuno di noi ha i propri ascolti personali che non confluiscono nel caleidoscopio sonoro della band.

Il passaggio a sonorità più heavy ti ha costretto a mutare approccio vocale? È stato piu’ o meno complicato registrare le tue parti?
No, non è stato complicato. No ho fatto nessuna fatica ed il risultato è accettabile. Non sono comunque soddisfatto in pieno della mia prova. Devo lavorare molto di più sullo scream e cercare di arrivare a note più alte anche se poi fondamentalmente urlo. Tutto dipenderà da come saremo accordati con il nuovo album. Se manterremo questo tipo di accordatura cercherò di tenermi allenato e cercherò soprattutto di trovare nuove soluzioni sempre in ambito più estremo andando magari a rispolverare il growl che usavo nei primi album.

In termini di produzione e missaggio vi siete posti degli obiettivi precisi?
Volevamo un suono molto potente, dinamico, pulito non “plasticoso”. Su suggerimento del chitarrista che ha registrato il disco, ci siamo rivolti a Francesco Salvadeo ed ai suoi Cat’scage recording Studios. Non potevamo scegliere di meglio. Ha fatto un lavoro in fase di registrazione e mixaggio davvero eccelso. Siamo entrati in sintonia subito e questo per la riuscita di un disco è sostanzialmente un bene. Per tutto il periodo in cui si sono svolte le recording sesions è stato il quinto elemento della band. Siamo molto contenti di aver trovato un professionista che ha carpito l’essenza della band in un determinato contesto sonoro.

Di cosa parla esattamente ‘Unholy Demo(n)cracy’?
Potrà sembrare scontato come tema, perché affrontato penso miliardi di volte da altre band. Parla della connessione che si crea tra la politica e la religione. O meglio tra la democrazia corrotta e la fede. Esprimo tutto il mio disappunto su cosa ci vogliono inculcare i grandi dogmi religiosi, creati per ingannare e sottomettere, da personalità religiose che poi sono alla stregua del peggior criminale di Stato. Viviamo quindi in una democrazia, profana di diritti civili, soprattutto in questo periodo, che non se ne cura, ma sacra nella liturgia dell’inganno.

‘Slowly We Suffer’ e ‘The Cage’ sono strepitose. Vuoi provare a recensirle per i nostri lettori?
Grazie per i complimenti. ‘Slowly We Suffer’ è stato il primo pezzo che abbiamo composto. Penso sia il pezzo più vicino a certo industrial di ministryana memoria, con ottimi stacchi thrash metal ed una parte centrale atmosferica e carica di pathos emotivo resa ancora di più particolare dalla magistrale parte di violino suonata da Katija Di Giulio. Avrei voluto solo avere un approccio vocale ed un’interpretazione più sofferta e sommessa in questo ultima sezione, ma con il senno di poi… “The Cage” ha una struttura molto semplice, speculare nella sua stesura e poi un finale impreziosito da una superba interpretazione vocale di Andrea Marchisio, cantante degli Highlord. In questo finale volevo piazzare una voce maschile molto melodica che sapesse cantare per dare uno stacco netto al delirio schizofrenico della mia interpretazione. Il risultato ci soddisfa molto. Diciamo che “The Cage” è il nostro pezzo più progressive.

Il nome degli Infection Code è ormai consolidato nel panorama metal italiano. Puntate ancora a crescere in Italia oppure guardate esclusivamente all’estero?
Affermarsi al giorno d’oggi anche se hai vent’anni di storia alle spalle è difficile e, se dovessimo meritare qualcosa, non sono più i tempi in cui la meritocrazia paga. Ora si cresce solo investendo molto denaro e tanto tempo. Sono situazioni che non potevamo permettercelo a vent’anni, ne tanto meno adesso. Noi continuiamo per il nostro piacere, cercando di fare le cose come vanno fatte. Con estrema dedizione, professionalità e serietà in tutti gli ambiti che riguardano avere una band di metal estremo. Non abbiamo particolari mire ed obiettivi. Poi se qualcuno compra il disco, il nostro merchandise, frequenta le nostre pagine social, ci recensisce e concede spazio nelle proprie pagine o fa headbanging ad un nostro concerto non può che farci un enorme piacere. Vuol dire che qualcosa di buono si sta facendo.

Quali sono i vostri prossimi piani?
Ora che la situazione all’interno della band si è ristabilita e regna serenità e ritrovato entusiasmo non vediamo l’ora che esca il nostro nuovo album. Stiamo lavorando ad alcuni pezzi. Nel frattempo stiamo programmando un po’ di date in Italia con qualche escursione all’estero.

Infection Code
From Italia

Discography
Life Continuity Point (2002)
Sterile (2004)
Intimacy (2007)
Fine (2010)
La Dittatura Del Rumore (2014)
Dissenso (2018)
In.R.I (2019)
Alea Iacta Est (2022)
Sulphur (2023)