Non ci sono dubbi sul fatto che Slipknot e Korn rappresentino due influenze basilari per questa band originaria Flint che punta parecchio sulla brutalità delle liriche e delle performance dal vivo. Tutti sappiamo che si tratta della città con il più elevato tasso di violenza e criminalità infantile di tutti gli Stati Uniti e questa storia è stata utilizzata pure troppo a carattere promozionale. Quello che invece conta è l'approccio punk degli autori di 'Memoirs From A Murderer' che erano chiamati a ripetersi e rendere ancora più robuste le intricate ritmiche accompagnate da tonnellate di groove e melodie nostalgiche del nu metal. Per raggiungere lo scopo, in fase di produzione, è stata resa ancora più drammatica la voce di David Gunn e si è cercato di affondare le atmosfere in una fanghiglia dalla quale è difficile rialzarsi. Il risultato è un devastante ibrido tra rapcore metal, non geniale come quello di altri colleghi altolocati ma comunque di rara efficacia. L'apertura di ' Heavy Lies The Crown' farà bagnare le nuove leve cresciute col metalcore mentre 'Alpha & Omega' e 'Give My People Back' sono costruite appositamente per esaltare il cantato. La frenata improvvisa di 'I Ain’t Goin’ Back Again' e la collaborazione con Trick Trick di 'War Time' sono quasi all'opposto e la varietà stilistica è uno dei tanti pregi di 'La Petite Mort Or A Conversation With God'. Nel giro di un mese e mezzo la Roadrunner si appresta ad immettere sul mercato anche il gigantesco 'The Serenity Of Suffering' e di conseguenza potrebbe recuperare il terreno perduto negli ultimi anni rispetto ad altre etichette che in passato invidiavano il suo catalogo.