Ci sono dischi che entrano nello stereo e ne escono intatti come se nulla fosse accaduto. Altri che escono dopo settimane con la custodia che nel frattempo ha preso la polvere. Altri ancora che sembrano trasmettere qualcosa di magico ed insensato all’impianto nel quale vengono suonati. ‘Odyssey’ appartiene a quest’ultima tipologia e l’aspetto ironico è che gli Horisont rimarranno una realtà di nicchia ed incompresa da molti anche negli anni a venire. A dispetto delle decine di band che pubblicano sempre il solito materiale e non conoscono nemmeno il significato del termine “sperimentare”, gli svedesi giocano con le loro qualità tecniche e danno vita ad un quarto full lenght sensazionale. Nelle loro trame strumentali intricate regnano influenze disparate come Frank Zappa, Rush, Diamond Head e Thin Lizzy ed il frontman Axel Söderberg è in grado di trasportare l’ascoltatore in più dimensioni, utilizzando la macchina del tempo per saltare da una generazione all’altra. Un’odissea di suoni, supportata da un’etichetta di spessore come la Rise Above, che non sfocia mai nella confusione ed anzi appare regale, trionfale, come il classic rock di Queen, Def Leppard e Scorpions. Inoltre gli Horisont dimostrano una predilezione particolare per la fantascienza degli anni settanta, le storie dell’Urania e di Andromeda. In scaletta troviamo pezzi immediati, sorretti da riff tipicamente british, come ‘Bad News’ e ‘Stade Brinner’, altri più elaborati quali ‘Light My Way’ e ‘Back On The Streets’ ed ancora le ballate ‘The Night Stalker’ e ‘Beyond The Sun’. Una varietà spiccata a cui vi consiglio seriamente di sottoporvi.