La prima considerazione che concerne questo album è che Thomas Giles Rogers e Dan Briggs sono semplicemente mostruosi. Il loro spessore tecnico è invidiabile e addirittura aumentato nel corso degli anni. La seconda è che mai come in ‘Coma Ecliptic’ i Between The Buried And Me hanno dimostrato di essere una formazione in cui ogni membro è profondamente coinvolto nel processo compositivo. Ciascuna traccia presenta al suo interno altre quattro-cinque sottotracce che la caratterizzano apertamente senza mai apparire vuote di significato e stavolta anche le chitarre e la batteria svolgono un ruolo determinante in un’ottica di massima personalizzazione del profilo globale. Il terzo spunto di riflessione, se vogliamo il più importante, è invece relativo al genere in cui si muove la band. ‘Coma Ecliptic’ è infatti costruito nel senso della tradizione prog con riferimenti cospicui a Fates Warning e Rush e l’aggressività del cantato che serve ad accelerare i ritmi cardiaci ed a mantenere elevato il livello di attenzione. Dal punto di vista del songwriting siamo al cospetto di un capolavoro con i musicisti originari del North Carolina che non si confrontano solamente con lo scenario metal ma guardano anche a realtà consolidate della musica alternative. Le luci sembrano essere tornate quelle di ‘Alaska’ e ‘Colors’ ed il concept che tiene insieme le undici canzoni risulta avvincente come una lettura che in spiaggia ti costringe a rimandare l’immersione in mare. Una rock opera che non perde l’occasione di fare pensare e porre questioni esistenziali. Le dissonanze di ‘Node’ ed il pazzesco sviluppo di ‘The Coma Machine’ lasciano intendere fin dall’inizio come l’ascolto non sarà semplice eppure l’immediatezza di certi passaggi è clamorosa. Chi aveva ritenuto troppo freddo e matematico ‘Parallax’ tornerà ad amare il linguaggio e le aperture melodiche dei Between The Buried And Me ai quali anche un’etichetta come la Metal Blade comincia sinceramente a stare stretta. I synth e l’incedere percussivo di Blake Richardson infiammano ‘The Ectopic Scroll’ mentre il frontman si supera in ‘Famine Wolf’ e ‘Memory Palace’ che a lungo andare sono i passaggi destinati a rimanere più impressi nella materia cerebrale. Quanto parte ‘Option Oblivion’ viene da chiedersi se il collasso dell’oscura matrice interstellare è davvero imminente. Ci pensa ‘Life In Velvet’ a serrare le fila spingendoci a tornare indietro e riprendere alcuni frangenti per ricapitolare la storia e non perdere nessun dettaglio. La distanza dal post prog di provenienza britannica rimane elevata eppure è grazie ad entrambe le tipologie di proposta se il movimento si sta sviluppando oltre le previsioni rubando il cuore a sempre più persone.