Fare meglio di ‘How We Both Wondrously Perish’ non era semplice ed in effetti i californiani non ci sono riusciti. Ciò non toglie che la loro proposta rimanga una delle più avvincenti del panorama statunitense con Joel Quartuccio che sembra essere disceso negli inferi della propria riflessione filosofica. Il suo approccio alla matrice cristiana è mutevole e sempre interessante così come il legame che si è venuto a consolidare col chitarrista-cantante Michael McGough che ricordiamo nei The Elijah. Quello che mi sorprese dell’intervista con la band fu l’amore incondizionato per i Sigur Rós e non perché gli islandesi non possano essere chiamati in causa come influenza diretta o indiretta delle band più disparate. Questo accade di frequente. Passate però qualche giorno a San Diego e poi a Reykjavik e capirete come si possa tranquillamente parlare di due realtà agli opposti. Ci si aspetterebbe di leggere Underoath, Hundredth, Counterparts e La Dispute nella lista dei riferimenti naturali della band poi parte ‘Little Richie’ e ci si rende conto di essere di fronte ad un’entità totalmente elitaria del movimento post hardcore. ‘Ain’t Nobody Perfect’, ‘St. Peter’ e ‘Sins Of The Father’ sono altri passaggi che valgono il predecessore. Forse nel rendere l’opera più tetra, a partire dallo spe si è perso qualcosa nel mixaggio ma si tratta comunque di dettagli. Se i Being As An Ocean diventeranno di culto anche dal vivo si sbarazzeranno della concorrenza e non potrà fermarli più nessuno.