John Bush, Phil Sandoval e Joey Vera sono delle istituzioni dell’heavy metal e vederli dedicarsi con tanta passione agli Armored Saint è commovente. Se ‘La Raza’ era stato accolto tiepidamente dalla comunità internazionale pur manifestando un discreto stato di forma della band, ‘Win Hands Down’ sarà un colpo al cuore per i defender di mezzo mondo. Non solo l’ex Anthrax attraversa un momento di forma strabiliante, considerati che gli anni passano anche per lui, ma la scaletta è un susseguirsi di anthem power che faranno andare fuori di testa chi ha consumato ‘March Of The Saint’ e ‘Delirious Nomad’. Non importa tornare ai gloriosi anni ottanta per avere delle grandi canzoni e passaggi come ‘An Exercise In Debauchery’ e ‘In An Instant’ lo dimostrano ampiamente. Rispetto all’album precedente la sensazione è quella che la band abbia voluto sperimentare di più sulla struttura compositiva e non farsi condizionare dalle regole del genere. Ne è uscito fuori un album dove la dinamicità ed i disegni armonici dei pezzi svolgono un ruolo fondamentale con stacchi hard rock anni settanta che lasciano spazio a riff rocciosi apprezzabili da chi non ama troppe variazioni sul tema (su tutte ‘Mess’ e ‘Muscle Memory’). Le sorprese sono rappresentate dalla presenza di Pearl Aday in ‘With A Full Head Of Steam’ e dal pianoforte in ‘Dive’.