Finirò per andare un po' controcorrente ma 'Time To Die' non è esattamente l'album migliore degli inglesi. Non solo il distacco tra alcuni pezzi magistrali ed altri passaggi della scaletta è evidente ma l'impressione è che talvolta Jus Oborn si autocelebri, ritorni indietro nel tempo in maniera eccessivamente nostalgica a differenza di quanto fatto in passato. E' chiaro che il suono degli Electric Wizard è quello e sarebbe assurdo pretendere diversamente ma per la prima volta si avverte un approccio stanco, e forse disilluso, a fronte di uno scenario pregno di negatività ed opprimente come mai. In oltre sessanta minuti ci imbattiamo in un muro di chitarre ed atmosfere horror che richiamano alla mente la storia del doom e della psichedelia con riff quadrati e voci malate che si susseguono solenni. 'Incense For The Damned' e 'I Am Nothing' rappresentano un tributo a 'Dopethrone' e lasciano atterriti per la violenza del messaggio che riescono a trasmettere. Un altro monumento stoner sludge è 'SadioWitch' che dal vivo potrebbe veramente trasformarsi in un'arma letale. Il resto appare un po' ripetitivo o comunque meno intrigante. Da segnalare il ritorno, purtroppo limitato alle sessioni di registrazione, di Mark Greening alla batteria e la riproposizione, dopo la strumentale 'Saturn Dethroned', della frase introduttiva di 'Vinum Sabbathi' quasi a declamare la fine di un sabba durato per anni.