Scrivere una recensione di un disco dei Tool è esattamente come parlare di un libro di cui difficilmente alla prima si e’ capito il finale o come si e’ arrivati alla conclusione. Forse impossibile. Qualunque parola tra dieci giorni, un mese, un anno potrebbe assumere altri significati. Magari anche più elegiaci. Ci tengo immediatamente a precisare che ‘10,000 Days’ è l’ennesimo capolavoro di un gruppo superiore che anche stavolta non ha smentito la sua fama. Anch’esso voluttuoso e catartico nello svolgere con flemma la sua struttura come in ‘Aenima’ o ‘Lateralus’ (che a mio avviso rimane tuttora il loro apice), maledettamente oscuro e meno tortuoso in certi arrangiamenti tanto da rendere più immediato e viscerale l’approccio ad una musica da sempre ostica ai più. Il primo singolo ‘Vicarious’ sembra uscito dalle sessioni ‘malate’ della precedente opera e forse alla resa dei conti risulta essere il pezzo meno coraggioso dell’intero lavoro che da quel momento si sviluppa su sentieri e direzioni a dir poco sconvolgenti avvicinando in modo geniale le due esperienze sonore di Maynard James Keenan, i Tool appunto e gli A Perfect Circle. Passaggi tecnicamente sbalorditivi (alcuni di Danny veramente da non credere) si alternano amabilmente con le atmosfere da sogno create ad arte da quella voce pazzesca capace di raccontare una favola e solo un attimo dopo implorare il diavolo a prendersi la sua anima. Il ruvido sapore alternative di ‘eMOTIVe’ riaffiora nella struggente ‘Right In Two’ che apre anche ai Tool nuove porte percettive per un futuro quanto mai radioso. La suite composta da ‘Wings Of Marie (pt. 1)’ e ’10,000 Days (pt. 2)’ come ‘Rosetta Stoned’ o le conclusive umiliazioni industriali di ‘Viginti Tres’ possono essere benissimo inserite tra le meraviglie prodotte da un gruppo assolutamente unico che ogni cinque-sei anni ci regala una parte di cielo. Nuvole comprese..