Il copione si ripete ed il gruppo di culto di tutti gli appassionati di metalcore non tradisce le attese nemmeno stavolta. Qualcuno di voi avrebbe potuto prevedere qualche variazione dalle regole in più dopo l'uscita di 'Hatebreed' ma non è evidentemente nelle corde e nelle intenzioni del quintetto scomodare bizzarri paragoni. 'The Divinity Of Purpose' al contrario recupera tutta una serie di influenze anni novanta e ripropone la stessa attitudine selvaggia che ha reso imperdibili 'Satisfaction Is The Death Of Desire' e 'Perseverance'. Per non sbagliare Jamey Jasta ha voluto al suo fianco Zeuss e Josh Wilbur che hanno curato il suono delle chitarre in maniera meticolosa. 'Put It To The Torch' e 'Honor Never Dies' sono classici pezzi da headbanging, 'Own Your World' e 'Nothing Scars Me' sembrano uscite dalle sessioni di registrazione precedenti mentre 'Dead Man Breathing' cerca di stimolare i vecchi fans di Agnostic Front e Cro-Mags ad aprirsi ad arrangiamenti più moderni. Il talento di Frank Novinec e Wayne Lozinak non è chiaramente in discussione e soprattutto in 'The Language' e 'Before The Fight Ends You' le due asce regalano momenti memorabili. La seconda parte dell'album non vale la prima ma è logico che una tipologia di offerta del genere finisce per standardizzarsi ed alla lunga perdere un minimo di efficacia. Nulla di preoccuparsi. I seguaci degli Hatebreed non potranno che approvare.