Spiace ripetermi ma la stima che nutro nei confronti dei musicisti in questione è talmente elevata che vorrei dal profondo del cuore che per una volta mi spossassero anche dal vivo così come riescono a farlo quando rilasciano un nuovo lavoro in studio. Una volta fatta questa doverosa premessa non posso che sottolineare come quello con cui i dominatori dello sludge metal tentano di superare i confini stabiliti con 'Crack The Skye' sia un disco ineccepibile. E' un discorso di fattura, di tecnica, di passione. E' un discorso di aggressività progressive, psichedelia spinta laddove nessuno pensava di potere arrivare, di metal con gli attributi come quello che ci piaceva tanto da ragazzi. A sorprendere è soprattutto la produzione di Mike Elizondo che ha reso ancora più selvaggi gli stacchi ritmici del gruppo a dispetto di un passato colmo di soddisfazioni con artisti hip hop. La copertina sembra quella di 'Mastermind' dei Monster Magnet corretta con un editor grafico ma è sufficiente ascoltare le iniziali 'Black Tongue' e 'Curl Of The Burl' per essere inondati da riff su riff di qualità superiore. Una valanga che soddisferà i meno intransigenti di voi ma niente a che vedere con quanto accade nella parte centrale. 'Stargasm', 'All The Heavy Lifting' e la title track svelano la faccia moderna dei Mastodon e le soluzioni melodiche scelte per spezzare l'aggressività del tessuto strumentale risultano incisivi. 'Creature Lives' suona come se i Led Zeppelin avessero preso lezione dai Neurosis e proprio Scott Kelly ci regala un barlume di talento in 'Spectrelight' che segue decretando l'inizio dell'apocalisse. Ai Doppler Studios di Atlanta è cresciuto un animale rabbioso, incapace di trattenere i propri istinti violenti eppure estremamente razionale quando si tratta di attaccare la preda. Impressionante la prova al drumkit di Brann Dailor che rappresenta il vero motore di un suono viscerale, ossessivo e posseduto dal morbo del prog.