In magnificenza assoluta i Sigur Ros tornano con l"ennesimo capolavoro di un"entità sonora/visiva che ha trasportato in musica la poesia che si respira nelle gelide terre islandesi. "Takk" appare subito come una decadente e meravigliosa sintesi dei lavori precedenti, privo di qualunque prolissità e pervaso da quel disperato senso di alienazione e solitudine che solo la musica dei Sigur Ros riesce a trasmettere. Poesia in musica dicevamo. Un sogno continuo che parte strumentale, ossessivo, ridondante fino a portarti a un livello di ipnosi tale da cominciare a sentire voci trepitanti, rumori dissonanti e una eco quasi impercettibile che si protrae come un lungo lamento senza fine che avvolge il disco e lo protegge da intromissioni e rifiuti esterni. "Glósóli" riflette l"oscura introspezione dell"album senza titolo disegnando nell"aere luci soffuse e parti armoniche così stranamente ariose che l"arco di Jonsi e la batteria possono giocare a schernirsi e battere il tempo della lunga ascesa a spirale che vi porterà ad estraniarvi completamente dalla realtà tutta attorno. Un"ascesa capace di togliere il respiro e riacutizzarsi in altri episodi di rara bellezza quali "Sé Lest" e "Svo Hljótt" che tracciano un solco insuperabile con tutto il resto della musica contemporanea. Trovare altri aggettivi per descrivere questo gioiello sarebbe come cercare qualcosa della quale sappiamo già la totale inefficacia in partenza. I Sigur Ros ringraziano..