Seguo gli australiani da sei anni ovvero da ‘Yield To Despair’ e devo ammettere che col passare del tempo il loro ibrido tra jazz, metal e post-rock è diventato sempre più incisivo. Non solo il quartetto è progredito dal punto di vista tecnico ma gli arrangiamenti hanno assunto maggiore spessore e soprattutto imprevedibilità. L’anno passato ‘Dread Sessions – Volume 1’ ha trasmesso la sensazione che nel loro laboratorio qualcosa stia avvenendo e quindi è plausibile attendersi delle novità nel 2022. Per il momento esce però la ristampa del debutto che fa luce su quelle che erano le qualità di Aaron Pollard e compagni una decina di anni fa. Sei tracce, tra cui le portentose ‘Landmarks’ e ‘Deep Rivers Run Quiet’, per settanta minuti di un viaggio strumentale oscuro e drammatico, che vi darà modo di conoscere meglio un gruppo che dal vivo ha sempre fatto bene, di supporto di volta in volta a formazioni affermate come This Will Destroy You, 65daysofstatic, Karnivool e Russian Circles. Ciò che ancora manca è la consacrazione definitiva a livello internazionale e magari, ironia della sorte, potrebbe essere proprio ‘Deaden The Fields’ ad indurla.