Un ritorno alle origini convincente quello dei danesi che negli ultimi anni avevano fatto di tutto per svecchiare il proprio sound pur mantenendo un forte legame con gli esordi. Il successore di ‘Rewind, Replay, Rebound’ è invece un disco totalmente rivolto al passato, potente, melodico e diretto, che desidera essere consumato in tour. La produzione è fresca e moderna ma il suono delle chitarre di Michael Poulsen e Rob Caggiano riconduce inevitabilmente all’epoca di ‘Rock The Rebel/MetalThe Devil’ e ‘Guitar Gangsters & Cadillac Blood’. La matrice del songwriting del leader non è mutata nel corso del tempo però il leader stavolta, più che concentrarsi su riffing e groove, ha tentato di ottenere un suono compatto dall’inizio alla fine, curando in maniera maniacale dinamiche e linee melodiche. Il tiro metal di ‘Temple Of Ekur’ e ‘Becoming’ è semplicemente micidiale e, dopo aver citato i Guns n’ Roses con il singolo ‘Shotgun Blues’ - nella edizione deluxe presente anche in una versione con Dave Matrise dei Jungle Rot - e ripreso ‘Don’t Tread On Me’ in occasione di ‘The Metallica Blacklist’, i Volbeat ci regalano gemme melodiche come ‘Wait A Minute My Girl’ e ‘Dagen Før’, impreziosita dal cantato armonioso di Stine Bramsen degli Alphabeat. Una copertina capace di far riflettere ed una scaletta che dal vivo saprà accendere le folle e che conferma i Volbeat ai vertici della scena heavy-rock internazionale.